Mini guida all’uso delle strategie fattoriali: quali rendono davvero?

Ascanio Strinati Ascanio Strinati - 20/12/2016 16:00

Nel corso degli ultimi 10 anni gli Etf smart beta hanno avuto un vero e proprio boom. Molti studi teorici hanno portato innumerevoli prove di quanto una singola strategia avrebbe consentito di sovraperformare il mercato – usualmente l’S&P500 – negli ultimi anni. E molte di queste strategie sono state utilizzate di conseguenza sia in un’ottica strategica sia tattica.

Ma queste strategie apportano veramente valore su un orizzonte temporale di parecchi anni, oppure sono da utilizzare solamente in modo opportunistico? John Lunt,presidente di Lunt Capital Management ha messo assieme un po’ di dati prendendo i rendimenti annuali dei vari indici sottostanti alle strategie smart beta e raggruppandole nella tabella qui sotto. Il confronto è stato fatto come di consueto con l’S&P500. Questi intanto gli indici utilizzati: S&P 500 Momentum TR USD, S&P 500 Low Volatility TR USD, S&P 500 TR USD, S&P 500 High Beta TR USD, S&P 500 Dividend Aristocrats TR USD, S&P 500 Value TR USD, Russell 1000 Quality Factor TR USD. Il tutto ricordando che gli indici non si comprano e i risultati con gli Etf potrebbero essere leggermente differenti, specie su un orizzonte temporale così lungo.

Il primo dato che balza agli occhi, specialmente se si hanno in mente le performance del nostro Ftse Mib, è che tutte le strategie hanno comunque avuto risultati positivi sui 15 anni. Ma vediamo di fare qualche ragionamento più approfondito, utilizzando come confronto il rendimento dell’S&P500, pari a un +6,62% annuo sui 15 anni.

  1. La strategia Dividend si conferma ancora una volta la più redditizia. Come evidenziato da studi a partire dagli anni ’50, si tratta di un metodo che produce reddito e sovraperforma nettamente l’indice. Un +3% circa di sovraperformance può sembrare poca cosa, ma su un orizzonte temporale di 15 anni il compound effect lavora molto: 1.000 dollari investiti nell’S&P500 dopo 15 anni sarebbero diventati 2.600 circa (+161%), investiti nella strategia Dividend oltre 4.000 (+305%). Da notare infine come questa strategia non sia mai la migliore in nessuno degli ultimi 12 anni, ma si piazza quasi costantemente tra il 2° e il 3° posto, con una impressionante regolarità di performance.
  2. La strategia Low Volatility si attesta poco sotto quella Dividend in termini di performance annualizzata a 15 anni. A volte è la “peggiore” (quattro anni su 12) ma, a parte il 2005, sempre con una performance double digit. Anche in questo caso un investimento di 1.000 dollari avrebbe fruttato più sull’S&P500, 3.743 dollari (+274%). Certo, in un paio di anni la sottoperformance è evidente rispetto all’S&P (nel 2016 di 2 punti percentuali circa, di 9 nel 2013 e di 5 nel 2007) ma l’obiettivo di una strategia di questo tipo non è certo quella di fare sempre meglio del mercato, quanto piuttosto di fare “abbastanza bene” ma con pochi scossoni.
  3. La strategia High Beta mostrai suoi limiti di questo confronto di lungo termine. A dimostrazione del fatto che questa è veramente una delle poche strategie fattoriali a dover essere utilizzata solo in modo tattico. Non ci sono mezze misure: o è la migliore (4 volte su 12) o è tra le due peggiori (7 volte), a volte con risultati catastrofici (-60% nel 2008) oppure elevatissimi (+57% nel 2009 e +41% nel 2013). Nel complesso il +3,83% medio annuo porta a un rendimento complessivo del 75,7%: i soliti 1.000 dollari diventano solo 1.756.
  4. La strategia Momentum a questo punto appare preferibile alla High Beta: non ha mai annate negative dal 2005 e sui 15 anni il risultato (+7,18% annuo) è non solo superiore a quello della High Beta, ma anche all’S&P500: i soliti 1.000 dollari diventano infatti 2.828 (+183%). Se però guardiamo alle performance comparate con l’S&P500, vediamo che negli ultimi anni (con l’eccezione del 2016) i risultati delle due non si discostano mai molto.
  5. La strategia Value, infine, è a mio giudizio la vera perdente di questo quindicennio. Il risultato finale è quello di performare quasi esattamente come l’S&P500 (+160,8% contro +161,6% dell’S&P), non dando quindi alcun valore aggiunto alla selezione. Solo quest’anno (e dopo ben 10 anni) il risultato è stato un po’ più elevato (5 punti percentuali in più). Molto meglio allora la strategia Quality che, pur non primeggiando quasi mai (solo nel 2006) ha anch’essa risultati persistenti e costanti.


Al termine della disamina qualche considerazione finale: in ottica di asset allocation tattica la High Beta sembra un’ottima strategia per fasi prettamente rialziste (ad esempio nel 2009, 2010, ecc.), così come quella di Momentum. Viceversa Dividend e Low Volatilitysono a buon diritto le vincitrici di un posto fisso nelle asset allocation strategiche: rendimento in primis, ma soprattutto persistenza dei risultati negli anni sono le due caratteristiche migliori di queste strategie. Un portafoglio azionario buy & hold suddiviso in tre parti uguali tra benchmark (S&P500), Dividend e Low Volatility avrebbe reso sui 15 anni il 241,5%, portando il montante dei famosi 1.000 dollari iniziali a 3.414 dollari (contro i 2.615 dell’S&P500).


Massimiliano Malandra per itConsilium
www.itconsilium.it

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