Borse in bolla? La mappatura del mercato azionario è fondamentale!

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 29/01/2018 16:13

Con quello di venerdì, salgono a 14 i nuovi massimi storici conseguiti da Wall Street nel solo mese di gennaio. Il record di 16 massimi assoluti, registrato negli anni Cinquanta, è teoricamente a portata di mano, mancando tre sedute alla fine di questo entusiasmante mese. Nel frattempo sono stati conseguiti gli obiettivi per l'intero anno di Goldman Sachs e Deutsche Bank (2850 punti) e di Credit Suisse (2875 punti); si lavora ora al target di UBS (2900 punti) e, più modestamente, al nostro primo obiettivo come da 2018 Yearly Outlook.


Prostrati da una strategia disastrosa che negli ultimi vent'anni ha prodotto una performance media annualizzata di poco superiore al 2% (e all'inflazione), i piccoli investitori hanno rotto gli indugi, tornando con forza sul mercato azionario. Nel corrente mese le transazioni registrate dai discount broker eTrade e TD Ameritrade hanno costituito da sole il 34% degli scambi del NYSE. Pare di sentirli, gli strali degli "esperti" che, dopo aver mancato quasi nove anni di bull market, adesso denunciano un eccesso di partecipazione popolare. Non va mai bene niente: fino ad ora il mercato era speculativo perché appannaggio esclusivo di program trading e high frequency trading; ora speculativo per il motivo opposto...


Il tentativo estremo è quello di dissuadere dall'investimento, con una argomentazione dalla presa sicura: siamo in bolla. Ma è proprio così? verifichiamolo, al solito, con un approccio oggettivo. Nel 1987 lo S&P salì a tal punto, da risultare distante del 125% rispetto alla propria media mobile a 200 mesi. Una ascesa in orbita che si concluse rovinosamente. Oggi l'indice si colloca soltanto dell'85% sopra questo spartiacque di lunghissimo periodo; per conseguire lo stesso eccesso del 1987, avrebbe dovuto collocarsi a 3500 punti. Anche a fine anni Novanta il boom della new economy provocò un decollo verticale di Wall Street, che si allontanò dalla media mobile di lungo periodo in misura superiore al 125% a giugno 1997: lo S&P500 quotava 885 punti, e sarebbe salito di un ulteriore 75% nei quasi tre anni successivi. Per replicare quell'esperienza, oggi dovrebbe estenderci fino a 5000 punti!


Alla fine del 2007 invece, il mercato impostò un crollo drammatico, senza partire da condizioni di eccesso: il rialzo dello S&P, difatti, produsse un distacco massimo del 61%, rispetto alla media mobile di lungo periodo. Questo dimostra che il conseguimento di connotati di "bolla", oggettivamente misurata, non è condizione né sufficiente né necessaria, per arrestare un bull market che gode tuttora di una netta prevalenza di domanda rispetto all'offerta.


Per capire quando il bull market terminerà, bisogna dotarsi di strumenti di indagine dalla comprovata affidabilità storica, e disporre di un "percorso" basato su aspetti ciclico-stagionali nonché quantitativi. Riteniamo di aver mappato adeguatamente i mercati azionari, nell'Outlook annuale da poco rilasciato.


Articolo a cura di Gaetano Evangelista
www.ageitalia.net

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