Weekly Economic Monitor

Intesa Sanpaolo Studi E Ricerche Intesa Sanpaolo Studi E Ricerche - 12/01/2018 14:28

Il punto
I rumours sul desiderio di diversificazione delle riserve valutarie cinesi a discapito del dollaro sono probabilmente fondati, ma non bisogna sopravvalutarne la portata. Infatti, lo spazio di manovra delle Autorità monetarie cinesi è limitato. L’aumento delle riserve valutarie dei Paesi emergenti si tradurrà in domanda netta di titoli di Stato americani ed europei anche nel 2018.

Riforma tributaria USA: effetti transitori sulla crescita, permanenti sul deficit
Il Tax Cuts and Jobs Act è legge dal 1° gennaio 2018. La riforma avrà probabilmente effetti moderati e temporanei sulla crescita, ampi e permanenti sul deficit e sul debito federali. Lo stimolo si dovrebbe sentire sui consumi in prevalenza nel 2018, mentre dovrebbe avere scarsa influenza sugli investimenti.

Il TCJA avrà anche un impatto a livello internazionale: lo spostamento a un sistema quasi-territoriale e il rimpatrio degli utili detenuti all’estero influenzeranno la localizzazione dell’attività e la distribuzione degli utili delle imprese.

L’ampia riduzione di gettito prevista nel prossimo decennio, finanziata con aumento del deficit, è introdotta in una fase ciclica di pieno impiego e dopo un periodo di forte aumento del debito/PIL. Pertanto lo stimolo fiscale 1) rischia di generare surriscaldamento dell’economia in presenza di un output gap già azzerato, 2) riduce i margini di manovra controciclici in occasione di una futura, inevitabile recessione e 3) reintroduce rischi di sostenibilità dei conti federali nel medio termine.

La riforma, originariamente mirata ad aumentare la competitività delle imprese e a semplificare il sistema tributario, senza ampliare i deficit, suggella anche una “rivoluzione” ideologica in campo repubblicano, con l’abbandono dell’obiettivo di virtù fiscale seguito all’elezione di Trump. Difficilmente in Congresso ci sarà una maggiore attenzione per la sostenibilità dei conti federali prima delle prossime elezioni presidenziali, a meno che non ritornino sui mercati i “bond vigilantes”.

I market mover della settimana
Nella zona euro le seconde stime dovrebbero confermare la flessione dell’inflazione a dicembre sia nella media area euro (1,4% da 1,5%) che in Germania (1,6% da 1,8%) e Italia (1,0% da 1,1%). La dinamica annua dei prezzi al consumo sarà frenata da un effetto base sfavorevole dalla componente energia anche a gennaio e febbraio di quest’anno. Nella restante parte dell’anno ci aspettiamo un aumento moderato dell’inflazione, solo nel 2019 si vedrà un aumento più deciso dei prezzi interni.

La settimana ha molti dati di rilievo in uscita negli Stati Uniti, che dovrebbero confermare il quadro positivo per l’economia americana. Le prime indagini del manifatturiero di gennaio sono attese su livelli sostenuti, in linea con espansione solida. Fra i dati di dicembre, la produzione industriale dovrebbe essere in rialzo, mentre i nuovi cantieri dovrebbero stabilizzarsi sui livelli elevati di novembre.

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