USD giù di corda, tengono i prezzi del petrolio

12/07/2019 14:00

USD giù di corda, tengono i prezzi del petrolio

USD giù di corda, gli investitori valutano le prospettive dei tassi

By Arnaud Masset

Venerdì il dollaro USA è sceso per il terzo giorno consecutivo. Continuano a sentirsi gli effetti dell’audizione al Congresso del presidente della Fed Powell. Nel comparto G10, il biglietto verde è calato soprattutto conto le valute legate alle materie prime, come l’aussie (-0,36%), il kiwi (-0,35%) e il loonie (-0,25%).
Anche la moneta unica ha continuato a recuperare, consolidandosi intorno alla soglia a 1,1160, ma i guadagni sono stati più contenuti. Ciò è dovuto al fatto che per l’euro le prospettive sono più incerte, dal momento che la BCE ha un margine d’azione inferiore rispetto alla Fed.

La BCE non ha neanche tentato di ridurre il suo programma di allentamento quantitativo, per cui I tassi d’interesse sono già piatti o negativi, e gli attivi di bilancio gonfiati.

La Fed, invece, un certo margine di manovra ce l’ha: il tasso sui Fed Funds è intorno al 2,25% e negli ultimi 20 mesi il bilancio è stato ridotto di più di USD 630 miliardi.

In questo quadro, prevediamo che la moneta unica continuerà ad apprezzarsi contro il biglietto verde.
L’apprezzamento effettivo inizierà però sul finire dell’estate, quando inizieranno ad avere effetto le condizioni monetarie più accomodanti negli USA e i partecipanti al mercato cominceranno a mettere in conto un altro taglio del tasso. Prevediamo che la moneta unica si porti verso la soglia a 1,15 man mano che ci avviciniamo alla fine dell’anno.

Tengono i prezzi del petrolio

By Vincent Mivelaz

Ultimamente i prezzi del petrolio si muovono sull’ottovolante.

Le minacce del presidente USA Donald Trump di aumentare i dazi sulla Cina e di imporre sanzioni simili sulle importazioni messicane, oltre al calo superiore alle attese delle scorte di petrolio negli USA e la produzione a livelli da record, hanno incentivato i trader delle materie prime a disinvestire in modo massiccio sul greggio.
Sembra, tuttavia, che la situazione stia cambiando, con gli investitori impegnati a valutare le tensioni in Medio Oriente, la tempesta nel Golfo del Messico e i cali ripetuti delle scorte di petrolio negli USA. Tuttavia, le prospettive di lungo termine rimangono sfocate, perché la domanda di petrolio globale dovrebbe scendere ulteriormente, a fronte del calo dell’attività manifatturiera e di una possibile escalation delle controversie commerciali fra USA e UE.

Il calo delle scorte di greggio USA monitorate dell’EIA per la settimana conclusasi il 5 luglio è pari a 9,5 miliardi di barili al giorno; si tratta del calo più marcato da marzo 2019 e della quarta flessione consecutiva; anche i rischi geopolitici legati all’Iran e il taglio della produzione, pari a 1 milione di barili al giorno, delle compagnie petrolifere che operano nel Golfo del Messico dovuto alla tempesta tropicale Barry, stanno spingendo al rialzo i prezzi del petrolio.

Sia il greggio Brent, sia il WTI ora scambiano intorno ai livelli di maggio 2019 e dovrebbero stabilizzarsi, mentre gli investitori monitorano i colloqui imminenti fra il ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier e il Rappresentante al commercio USA Robert Lighthizer per evitare dazi del 25% sulle importazioni di auto dall’UE.
Gli argomenti trattati riguarderanno principalmente i sussidi al settore aeronautico, le importazioni di aiuto e il gasdotto russo Nord Stream 2, che dovrebbe raddoppiare la capacità di fornitura verso l’UE. Nonostante i toni ottimistici sulle prossime discussioni, sembra alquanto improbabile che nei prossimi mesi si trovino delle soluzioni.

Il greggio dovrebbe pertanto stabilizzarsi e restare molto sensibile alle notizie principali.

Il potenziale di un ulteriore rialzo è però limitato, visti i prezzi attuali e la decisione dell’OPEC di mantenere invariato il taglio alla produzione. Il WTI scambia a 60,68 e nel breve termine si avvicinerà a 60,95.

Autore: Swissquote Fonte: News Trend Online

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