Brexit: cosa cambia per noi comuni mortali (italiani e inglesi)?

25/06/2016 08:00

Brexit: cosa cambia per noi comuni mortali (italiani e inglesi)?

Mai così in basso nella storia: Piazza Affari a -12,5% con 60 miliardi bruciati, dietro il -12,4% della Spagna, che domani andrà alle urne e che risulta l'altro grande malato d'Europa, e davanti al -13% di Atene. Lo spread, nella tempesta, è stato calmierato dalla presenza dei piani di protezione della Bce, sia quelli elaborati nei giorni scorsi per frenare le possibili conseguenze create dal voto inglese, sia quelli nati oltre un anno fa per salvare l'euro e recentemente incrementati.

Proprio per questo motivo lo spread, differenziale tra il rendimento dei bund tedeschi e i decennali italiani, non sembra più essere un parametro affidabile per testare il reale stato dell'economia di un paese. Meglio guardare il ventre molle dee mercati, il punto fragile delle contrattazioni, rappresentato in questo caso dai bancari i quali, con la tempesta di ieri, hanno toccato il -20%.

Da un punto di vista pratico cosa cambia?

Il primo pensiero va a alla sterlina e a quel crollo registrato che ha portato la divisa inglese ai minimi.

Un impatto che andrà ad abbattersi contro le pensioni e in generale il potere d’acquisto. Da qui anche un risvolto per chi, dall’Inghiltterra, ha organizzato le proprie vacanze in Europa: in vista prezzi più alti. In secondo luogo il rischio di fuga delle società finanziarie le quelli per evitare aggravi, potrebbero decidere di mollare tutto e trasferirsi in Europa.
C’è poi il capitolo sulla copertura sanitaria: l’accesso ai servizi sanitari Nhs attualmente è gratuito per i cittadini europei: l'ipotesi più probabile potrebbe vederla trasformata in un servizio a pagamento. Resta aperto anche il capitolo delle nuove regole per i lavoratori:la libera circolazione nell'Unione Europea potrebbe essere ristretta ulteriormente (oltre ai limiti imposti per motivi di sicurezza ai cittadini non britannici e che sarebbero partiti a febbraio 2017) si potrebbe avere un visto d'entrata solo in presenza di un permesso di lavoro  in mano al diretto interessato ancora prima di fare domanda per entrare.

Insomma, la situazione si complica non poco.

Senza escludere l’effetto domino non solo tra le nazioni che premono per la fuga ma anche per la situazione dei confini: l’Irlanda è una nazione dell’Unione eppure confina con territori sotto il dominio inglese (Irlanda del Nord)

I pro e i contro

Di certo non è il caso di correre a rifare i documenti o a prelevare soldi in banca: i tempi per le ratifiche e le rinegoziazioni sono lunghi, nel migliore dei casi si parla di almeno u paio d'anni.

Intanto la svalutazione della sterlina non è una brutta notizia per il turismo, quello in entrata, almeno, visto che visitare la capitale sarà più conveniente e forse potrebbero essere incrementati i 34 milioni di turisti previsti, a diverso titolo, per il 2016. Tutte le altre paure per eventuale documentazione aggiuntiva, saranno rimandate al 2018 visto che per ufficializzare la cosa ci vorranno circa due anni, stesso orizzonte temporale entro il quale si decideranno le nuove regole sull'immigrazione.

Qualche problema per i voli, in particolare i low cost, per un incremento possibile sulle tariffe. Più complessa la partita sull'export, con il 44% che ha per destinazione il Vecchio Continente e quella sull'import con le merci in entrata più care, il che potrebbe portare un aumento dell'inflazione.
Apprensione invece per i risparmi degli inglesi che, per effetto della svalutazione della sterlina saranno limati al ribasso mentre in direzione opposta andranno i mutui. Un altro punto interrogativo che si apre è sulla possibile fuga di capitali dettato dal panorama di incertezza con conseguente diminuzione degli investimenti esteri.

E possibile recessione. Gli inglesi avranno anche decretato (forse) la loro fine, secondo alcuni, ma se dovranno morire, moriranno in piedi, da uomini liberi.

Considerazioni

Il voto di Londra sarà controproducente per il mondo della finanza inglese (e lo è), sarà una brutta notizia per i tanti stranieri che vivono, lavorano e pagano le tasse in Inghilterra (e lo è), sarà un precedente pericoloso per i trattati dell’Unione, la stabilità della sterlina, per la credibilità dell’euro (e lo è) ma è un voto che è stato deciso dalla popolazione ed è quindi il più alto risultato della democrazia.

E la volontà del popolo è sovrana e deve essere rispettata anche quando il suo responso fa male, perchè non può essere accettata solo quando fa comodo, manipolata a proprio piacimento come è successo in Grecia oppure puntualmente ignorata o peggio ancora raggirata come fatto in Italia con i vari referendum sulla privatizzazione dell'acqua, il finanziamento pubblico ai partiti o l'abolizione di alcuni ministeri.

A prescindere dall’opportunità o meno del risultato e dal fatto che sarà controproducente nell'immediato forse anche più di quanto gli stessi inglesi avessero previsto, il risultato che ha visto la Gran Bretagna uscire dall’unione europea con il leave al 52% sugli stay, è la dimostrazione che gli inglesi hanno scelto di voler diventare padroni in casa propria, anche a costo di creare il peggiore dei precedenti possibili.

In compenso risparmierà sulle tasse, quelle che da ora non dovrà più versare all'Europa. Dall'altra parte, sempre a proposito di tasse, salgono quelle che dovranno pagare gli studenti: difficile dire come sarà riorganizzato il regolamento visto che si tratta della prima volta che un paese lascia l'Unione e il trattato di Lisbona è piuttosto vago, ma se gli studenti europei dovessero essere considerati extracomunitari arriverebbero a pagare il doppio e cioè orientativamente tra le 15mila e le 22mila sterline.

In più per loro potrebbe essere esclusa la possibilità di chiedere un prestito, opzione che, precedentemente, era valida per i membri dell'Unione. 

L'isolazionismo di Albione

Il referendum in Grecia, le elezioni in Spagna, la corsa della destra ultranazionalista in Austria che ha perso la vittoria solo oper una manciata di voti, le lotte in Francia contro il job’ds act d’oltralpe, sono tutti segni inequivocabili che l’Europa non piace, sia essa eurozona o unione.

Almeno non nei termini con i quali è organizzata adesso. Non piace nemmeno se si è un’isolo felice (in realtà non tanto in assoluto, ma certamente se la si confronta con il resto delle situazioni del Vecchio Continente). L’Europa non piace, nemmeno dopo essere riusciti a strappare, anche se con la minaccia, una serie di offerte vantaggiose e di deroghe finanziarie ad un establishment notoriamente parco di concessioni.
A quanto pare non piace nemmeno se si è il punto di riferimento del mercato finanziario, quello che più di tutti detta legge adesso, che più di tutti ci avrebbe rimesso con la Brexit e che adesso non è riuscito a vincere contro il sistema. Un sistema che è riuscito a vincere anche il voto della capitale multietnica per eccellenza, quella che ha una rappresentanza estera tra le più forti e le più variegata.

No, l’Europa non piace, nemmeno se per restarci, si era approfittato della morte di Jo Cox, già soprannominata la martire dell’Europa. Gli inglesi hanno preferito mettere a repentaglio il loro mercato, deprezzare la loro moneta, perdere il 10% del potere d'acquisto, andare contro le previsioni più pessimiste, contro le minacce del Fmi, dell'Ocse, della Bce, della Banca Mondiale, entrare in un territorio inesplorato, a mettere a ferro e fuoco forse anche i paesi periferici pur di non stare più in Europa.

I paradossi inglesi

Ma l'Inghilterra è in lotta con se stessa prima ancora che con l'Ue, dal momento che si trova spaccata al suo interno anche sul paino sociale con una netta divisione tra gli under 30 che hanno votato compatti per restare nell'UNione e gli over 50 intenzionati a lasciare.

Non solo, ma la Scozia e la zona di Londra sono state le uniche ad aver votato compatte per restare; interessante paradosso visto che la Scozia aveva tentato con un referendum di separarsi da Londra, ma non l'unico considerando quelle di Irlanda e Scozia. Gli stessi problemi che, alla fine, deve affrontare anche la Spagna, guarda caso anche lei, ieri, in fondo al tunnel delle borse (-12,4%) e alla vigilia di un secondo turno di elezioni, nella speranza di trovare un accordo per riuscire a formare un governo anche solo di coalizione, dopo che il primo tentativo era naufragato per la presenza di troppe difficoltà nel mettersi d'accordo.

E di troppi euroscettici.

Fonte: News Trend Online

© TraderLink News - Direttore Responsabile Marco Valeriani - Riproduzione vietata

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