Referendum: sì o no. Ma i greci hanno già perso

04/07/2015 08:00

Referendum: sì o no. Ma i greci hanno già perso

 

La crisi in Grecia ha anche un lato positivo. Per quanto strano, per quanto assurdo possa sembrare è vero. In questa crisi i greci si sono autorganizzati in gruppi di aiuto solidale, molti si sono reinventati dal nulla e tutti hanno abbassato le proprie pretese e il loro tenore di vita, riscoprendo qualcosa che tutti abbiamo perso: il valore delle piccole cose.
Qualcuno lo può chiamare decrescita felice, altri spirito di sopravvivenza, ma resta il fatto che adesso qualcuno è venuto a conoscenza anche della solidarietà umana. 

L'evoluzione della specie

Quella di Atene è una questione che è nata con l’essere economica, si è poi trasformata in politica ma resta sempre e comunque un allarme sociale visto che se il pomo della discordia tra Tsipras e i creditori sono anche le pensioni, è bene ricordare che proprio le pensioni sono l’unica fonte di reddito per il 52% delle famiglie greche e che il 45% dei pensionati ellenici ha un assegno inferiore ai 665 euro.

Unica notevole agevolazione? Molti di loro hanno potuto sfruttare un addio al lavoro a 52 anni, stortura che ormai appartiene al passato. La stessa che ha contribuito a creare la crisi ma anche la stessa che, adesso, sostituisce gli ammortizzatori sociali assenti in tutta la nazione.   

Una dignità da difendere

Ed è proprio sulla dignità che il popolo greco deve combattere soprattutto quando è guardato dall’alto in basso dagli altri europei i quali dovrebbero (mai condizionale fu più d’obbligo) essere solidali con un popolo che a suo tempo si vide propinate soluzioni assolutamente insostenibili per la maggior parte delle economie economicamente all’avanguardia, figuriamoci per una nazione che vive di turismo e poco altro.

L’Italia è stata più fortunata per un solo motivo: ha una popolazione più numerosa, risparmi dei privati che permettono uno stress fiscale maggiore (sebbene ingiustificabile) oltre al fatto che in questi anni è riuscita a sopravvivere grazie a un’economia maggiormente diversificata e con basi solide ed elastiche.
Almeno fino a qualche tempo fa. Non per niente proprio le punte di diamante dell’economia italiana oggi appaiono a tutti miseramente sbeccate e la nazione sta andando avanti vivendo grazie a buona volontà, spirito di sacrificio, entusiasmo e vecchie glorie passate.

E ancora l'Italia

Tutte cose che di certo non giovano a chi, come l’Italia, deve mortificare la maggior parte delle sue eccellenze in nome di un’Unità Europea che è solo teorica ma che nei fatti vede una competizione spasmodica, competizione che noi, in nome di questa “solidarietà” stiamo perdendo.

Gli altri paesi europei fanno formaggi con il latte in polvere? Fanno cioccolato senza burro di cacao? E Noi dobbiamo adeguarci, limando verso il basso le capacità di secoli di artigianato alimentare. La liberalizzazione del mercato permette a molti di avvantaggiarsi, in primis che non riesce ad avere produzioni d’eccellenza, peccato che la produzione locale venga inesorabilmente mortificata e, nel migliore dei casi, s’involi per altri lidi, lasciando a noi qualcosa poco più che scadente e dalle origini a dir poco ambigue.

 

Alla luce di questo, possiamo noi italiani accusare i greci? Abbiamo fatto i loro stessi errori, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità per anni, abbiamo venduto il nostro voto al miglior offerente, facendo del voto di scambio un’icona per intere generazioni e dando vita a una classe politica che è la brutta copia di una barzelletta.
Guardiamo a loro per un attimo: dal 2000 al 2009 le retribuzioni dei dipendenti pubblici hanno visto un aumento del 126%: di fronte a una cosa del genere, se ci fossimo trovati al loro posto, avremmo mai preso carta e penna e scritto al governo chiedendo di poter restituire un aumento con la motivazione dell’insostenibilità sui conti pubblici?

A chi è rubato il passato, a chi il futuro

Una possibilità, quella dell’euro, che è stata presa a volo  grazie al fatto di aver falsificato i propri bilanci per riuscire a entrare nella moneta unica.

Note da sempre erano le assurdità del sistema ellenico, a tutti, compresi coloro che hanno dato il benvenuto ad Atene brindando al suo ingresso truccato. Ma chi ha manomesso i bilanci allora, oggi non sta pagando il suo misfatto. A pagarlo sono invece i pensionati che stanno assistendo al furto di quanto accumulato in passato, i giovani ai quali è stato rubato il futuro e persino la Grecia stessa come nazione, adesso identificata come una massa di cialtroni nullafacenti e al limite del parassitismo cronico.

Fino ad oggi tutti hanno lavorato, in particolare la Bce, per evitare l’effetto contagio ma anche e soprattutto per salvare il secondo anello debole, proprio l’Italia che con il suo debito e il suo deficit sempre al limite delle regole, costituiscono il primo paradosso dell’Europa unita: troppo grande per fallire, ma anche troppo grande per fallire.   

Colpevoli e innocenti

Se per anni Atene ha avuto finanziamenti facili da parte di tutti, c’è anche da ricordare che quei soldi qualcuno li ha dati sulla base di una colpevole consapevolezza, la stessa che avevano i politici europei nel momento in cui Atene adottava l’Euro.

Non bisogna essere un genio della finanza per capire che se si vuole avere qualche speranza di rivedere i propri soldi, è bene che questi vengano dati a chi produce ricchezza o a chi, attraverso quanto prestato, ha molte probabilità di produrne. Atene, invece, non ne aveva nessuna, nè allora e nemmeno oggi, anzi, oggi meno di prima visto che le misure di austerità hanno letteralmente gettato sale su quel poco terreno fertile che la nazione poteva ancora far fruttare.

Quindi per crescere, la Grecia deve inesorabilmente vedersi tagliare ulteriormente il debito, questo perchè nel 2030 il peso di quei miliardi sarà insostenibile, ancora più di quanto già non lo sia adesso quel 177% del debito/pil.

Ad ogni modo adesso il popolo greco si trova a dover decidere autonomamente, forse influenzato proprio da questi giorni di difficoltà, da banche chiuse e da prospettive che mai come ora appaiono tristi, soprattutto alla luce di un terzo aiuto che ormai per Atene sembra essere sempre più necessario, nemmeno più probabile, a prescindere dal referendum di domani.

 

 

Fonte: News Trend Online

© TraderLink News - Direttore Responsabile Marco Valeriani - Riproduzione vietata

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