E' giunto il momento di investire in obbligazioni a tasso variabile?

Gabriele Bellelli Gabriele Bellelli - 22/01/2018 21:00

Il mercato obbligazionario è attualmente alle prese con tre elementi che sono da analizzare e valutare attentamente perchè sono in grado di incidere profondamente sulle scelte di portafoglio.

Il primo elemento è costituito dal fatto che nel corso delle ultime settimane le quotazioni del mercato obbligazionario, in particolare le obbligazioni a tasso fisso e gli zero coupon, hanno subito una diminuzione del prezzo con la conseguenza di un aumento del rendimento implicito offerto dal mercato.

Il secondo elemento consiste nell'ipotesi di un aumento dell'inflazione.

Il terzo elemento consiste nel rischio di un aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali.

 

 

In questo scenario di mercato e di fronte a questi elementi, ritengo che sia saggio iniziare a valutare di iniziare ad apportare modifiche al portafoglio obbligazionario.

Il quadro generale non è ancora delineato e permangono incertezze sia in tema di rialzo dei tassi, soprattutto in Europa, che di un ritorno dell'inflazione, per cui non c'è sicuramente l'urgenza di modificare la logica di selezione delle obbligazioni e di gestione del portafoglio obbligazionario ma indubbiamente è sempre saggio organizzarsi per tempo, in ossequio al detto "prevenire è meglio che curare".

 

 

Dal punto di vista concreto, un investitore si trova davanti alle seguenti ipotesi operative:

 

 

1-diminuire la duration delle obbligazioni e limitare l'esposizione sulle obbligazioni a tasso fisso e sugli zero copuon con scadenza medio-lunga, soprattutto se non compatibili con la propria ottica temporale (che tra l'altro è un errore molto diffuso tra i piccoli investitori, soprattutto nel corso di questi anni che si sono caratterizzati per i tassi a zero e per una ricerca spasmodica di rendimento e di reddito cedolare).
Questa soluzione si rende necessaria perchè c'è una relazione diretta tra l'andamento dei tassi di interesse e il prezzo delle obbligazioni, in particolare i titoli a tasso fisso e gli zero coupon.
Questa relazione innesca un meccanismo tale per cui all'aumentare dei tassi di interesse, diminuiscono di pari passo i prezzi delle obbligazioni. Allo stesso tempo, ma a parti invertite, al diminuire dei tassi di interesse, i prezzi delle obbligazioni aumentano.
Entrando nel dettaglio, le obbligazioni che subiscono maggiormente il movimento dei prezzi (conseguente al rialzo/ribasso dei tassi) sono le obbligazioni con elevata duration.
A noi oggi però interessa la prima relazione dal momento che i tassi, essendo sui minimi, non possono che aumentare nel corso del medio-lungo periodo.
In caso di rialzo dei tassi, un risparmiatore corre il rischio di restare incastrato su obbligazioni acquistate ad un prezzo elevato, per un lungo periodo e con un basso rendimento che probabilmente non copre neanche l'inflazione. 
Se l'obbligazione ha una scadenza breve (indicativamente 3-5 anni) e se non serve il denaro in anticipo rispetto alla naturale scadenza, si può portare il titolo obbligazionario a scadenza e si incassa il valore nominale dell'investimento (ovviamente salvo default dell'emittente) e al peggio si perde un pò di potere d'acquisto a causa dell'inflazione, oltre all'opportunità di aver investito ad un rendimento maggiore.
Altrimenti il risultato sarà un bagno di sangue!

 
 

2-inserire in portafoglio obbligazioni "fix floater" oppure a tasso variabile.

Lo scopo di questa operazione consiste nell'inserire in portafoglio obbligazioni che subiscono in modo minore l'aumento dei tassi di interesse.

Per chi non le conoscesse, le obbligazioni a tasso variabile si caratterizzano perchè l'ammontare della cedola è variabile ed è calcolato in funzione di un parametro finanziario (Euribor) oppure reale (inflazione) mentre invece le obbligazioni "fix floater" (dette anche "fixed floater") si caratterizzano perchè cambiano struttura cedolare nel corso della loro vita: i primi anni pagano una cedola a tasso fisso mentre in seguito pagano una cedola a tasso variabile. 

 

Avremo modo di approfondire questo discorso, illustrando nomi-cognomi e codici isin di numerose obbligazioni a tasso variabile e fix flotar, durante la video conferenza gratuita di lunedì 29 gennaio intitolata "dove investire nel 2018", a cui ti consiglio di partecipare, iscrivendoti immediatamente cliccando su questo link.

 

In questo articolo mi limito a citare l'obbligazione Banca Imi - fixed floater cap & floor con scadenza il 17-02-2025 e con codice isinXS1534969511.
Questa obbligazione si caratterizza per essere "fix floater" per cui nei primi due anni (2018 e 2019) paga una cedola annuale a tasso fisso del 2,70% mentre negli anni successivi (dal 2020) e fino a scadenza (2025) paga una cedola a tasso variabile e calcolata in funzione dell'Euribor a 3 mesi.
Inoltre questa obbligazione contiene le opzioni "floor" e "cap" in base alle quali l'ammontare della cedola variabile non può essere inferiore ad un minimo dello 0,50% (floor) e superiore ad un massimo del 3% (cap).
In questo momento questa obbligaziona quota in area 99 e quindi si rivela anche efficiente dal punto di vista fiscale perchè permette anche di recuperare un minimo di eventuali minusvalenze pregresse.
Inoltre l'emittente gode di un discreto rating, come illustrato nell'immagine sottostante:

rating banca Imi

 

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3-inserire in portafoglio ETF che investono in obbligazioni a tasso variabile.

 

 

4-inserire in portafoglio degli ETF short sul mercato obbligazonario con lo scopo di coprire il rischio di ribasso dei prezzi delle obbligazioni detenute in portafoglio.
L'ETF short è una particolare tipologia di ETF che aumenta di prezzo quando il sottostante si deprezza: ad esempio, l'ETF short sul BTP aumenta di prezzo nel momento in cui si deprezza il sottostante, ossia il titolo di stato italiano.
In altre parole gli ETF short permettono all’investitore di assumere una esposizione inversa rispetto all’andamento giornaliero del benchmark di riferimento, per cui se il benchmark registra un ribasso -2%, l’ETF short registra un guadagno del +2%. Ovviamente questo meccanismo si sviluppa sia nella buona che nella cattiva sorte per cui se il benchmark registra un rialzo +2%, l’ETF short registra un ribasso del -2%.

 

NB: approfondirò i punti 3 e 4 in due articoli che pubblicherò domani e dopo domani! Mi raccomando quindi, rimani sintonizzato e vienimi a trovare su questo sito anche nei prossimi giorni! 

 

 

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