Indici di diversa natura e latitudine salgono a nuovi massimi storici. S&P500 in guadagno di 200 punti da quando Jamie Dimon ha avvistato uno scarafaggio. Gli spauracchi autunnali sono stati ampiamente riportati. I fattori invece favorevoli, perlopiù ignorati.
Una settimana di sostanziale consolidamento per i listini azionari mondiali, nondimeno fa registrare confortanti sviluppi per gli investitori: salgono a nuovi massimi storici lo S&P500 equiponderato (ETF “RSP”), la Value Line Arithmetic Average, il Russell 2000, il Dow Jones Transportation, l’indice S&P che esclude le Magnifiche Sette, ed il rapporto fra High Beta e Low Volatility delle azioni americane. Una dinamica che certifica l’allargamento del bull market a tutte le pieghe del listino.
Gli acquisti non si sono limitati all’Equity. Il rame è salito di oltre il 4% per la seconda settimana di fila, il gas naturale sale da sette settimane (nel mese peggiore dell’anno) e l’argento ha raggiunto un nuovo massimo storico. Se commodity e azioni salgono, l’economia non deve andare così male...
Abbiamo assistito dopo il massimo di fine ottobre ad un consolidamento fisiologico, che ha favorito una salutare rotazione settoriale. Questo, va detto, a fronte di reazioni spesso scomposte e talvolta sconfinanti in aperti isterismi. Nei confronti di un mercato che ha ceduto poco più del 5%, dopo essere decollato in sei mesi. Figurarsi quando arriveranno le vere e proprie correzioni.
Gli spauracchi autunnali – Hindenburg Omen, tensioni sul mercato della liquidità overnight e mal di pancia nel Private Equity – sono ancora lì, benché si possa sospettare che abbiano già sortito tutti i loro effetti. Ad ogni modo, risultano più che compensati da fattori spesso trascurati dagli osservatori: petrolio, dollaro e tassi di interesse, quando salgono generano pressioni sfavorevoli sul mercato azionario, ma di recente hanno puntato verso l’angolo inferiore destro dei monitor, collocandosi all’unisono nel decile più contenuto delle rilevazioni dell’ultimo anno.
Bespoke Group rileva che in simili circostanze lo S&P500 sia salito in quasi il 90 percento dei casi a distanza di sei mesi, conseguendo una performance media del +11.0%; battendo su tutti i time frame – da una settimana ad un anno – il ritorno medio storico della borsa americana.
Questo rende alquanto probabile il miglioramento dei massimi assoluti, ed il conseguimento del target di fine anno segnalato nell’Outlook per il 2025. D’altro canto, quando ad ottobre lo S&P500 ha aggiornato i massimi storici per più di 5 volte, fu rilevato come ciò sia stato seguito nel quarto trimestre da una performance positiva nel 100% dei casi; con una performance media del +5.6/+6.1%. In soldoni, questo implica un benchmark americano ben sopra i 7.000 punti prima che arrivi il nuovo anno.
Gaetano Evangelista - www.ageitalia.net