Wall Street tenta di replicare i setup benigni dei minimi

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 02/12/2025 10:25

Lo S&P500 chiude, di misura, in territorio positivo anche a novembre: è il settimo mese di fila. Un'impresa riuscita altre 15 volte dal Dopoguerra, e che fa ben sperare per i prossimi mesi. Anche per il contributo ora determinante dell'ampiezza di mercato.

Compiendo un’impresa eccezionale, lo S&P500 riesce in cinque sedute a ribaltare una performance mensile inferiore al -4.0%, in un saldo a fine mese positivo, seppur di misura. A novembre soltanto altre due volte un simile rovesciamento di sorti è riuscito dal Dopoguerra ad oggi.
Più consistente la casistica di ben sette mesi positivi consecutivi, che la chiusura di venerdì sera ci consegna sullo S&P500. Prescindendo dai mesi in cui questa sequenza è stata registrata, giova rilevare che se un ottavo mese positivo di fila è riuscito in 9 casi su 15, a distanza di tre mesi lo S&P500 ha guadagnato ulteriore terreno in tutti i casi tranne due (in media, del +4.3%); e quando non vi è riuscito, al quarto mese ha più che riassorbito i ritardi precedentemente accumulati.
Sussiste dunque la concreta possibilità di migliorare i massimi assoluti di fine ottobre, distanti poco più di mezzo punto percentuale, con lo S&P500 ora in guadagno per l'anno del 16.5% - ancora una volta, una tripla cifra... – rispetto al 2024. Una prestazione peraltro maturata grazie ad una ampiezza di mercato considerevole, con 9 settori sui 10 posizionati sopra la propria media mobile a 200 giorni, e con il Russell 2000 delle small cap che la settimana scorsa ha inanellato una impressionante prova di coralità, come esaminato la scorsa ottava.

Non sorprende dunque che la borsa USA sia ad un passo dal formalizzare un nuovo Zweig Breadth Thrust, dopo quello che ad aprile ha rilanciato le sorti dei listini azionari, pur nello scetticismo pressoché generalizzato. Allora come oggi prevaleva, se non dominava, la narrazione negativa basata su fattori rivelatisi prevedibilmente inconsistenti. Chi non ricorda una recessione che sarebbe dovuta abbattersi sugli Stati Uniti ed il resto del mondo, per effetto di un’inversione della curva dei rendimenti che non avrebbe fornito scampo alcuno agli investitori?


Per non parlare della Sahm Rule, del dissesto di alcune banche regionali, della crisi in Medio Oriente e, dulcis in fundo, della guerra commerciale scatenata dall’amministrazione Trump: che non ha paralizzato il commercio internazionale, non ha provocato una deflagrazione dell’inflazione; ma in compenso ha apportato 183 miliardi di dollari di entrate non tributarie fra aprile ed ottobre: oltre 300 miliardi annualizzati, 3 trilioni di dollari in due lustri. Quanto l’impatto sui conti federali dell’OBBBA, altro spauracchio inutilmente sventolato dagli scettici nel tentativo di scoraggiare (ma il mercato obbligazionario evidentemente non ha abboccato).
E nel frattempo la già citata ampiezza di mercato sta per raggiungere un nuovo massimo assoluto, replicando vagamente quanto sperimentato a cavallo fra la fine 2024 e l’inizio di quest’anno. Un buon auspicio?

Gaetano Evangelista - www.ageitalia.net

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