L’ipercomprato ferma il rally

20/04/2021 10:42

L’ipercomprato ferma il rally

Che gli indici azionari, per forti che siano, non possano salire all’infinito e senza nemmeno fermarsi un attimo a rifiatare, in teoria lo sanno tutti. Ma la battuta d’arresto, quando sopraggiunge, riesce comunque a cogliere la maggioranza degli investitori di sorpresa. La rimozione delle eventualità spiacevoli è un fenomeno tipico dell’emotività umana ed è un meccanismo di difesa della nostra psiche, per permetterci di convivere serenamente con una vita che è piena di rischi che, se non venissero rimossi almeno in parte, ci schiaccerebbero nell’angoscia.

Tuttavia il “pensiero positivo” dei mercati ieri doveva fare i conti con la certificazione di eccessi di rialzo di rara dimensione sul grafico giornaliero.

Come ho ricordato nel commento di ieri,  l’indice principale USA SP500 ha iniziato la settimana seduto su un livello di eccesso rialzista piuttosto elevato, per la precisione pari a 74,5.

A misurare così la febbre dell’euforia è l’indicatore RSI(14), il più usato dagli analisti per individuare le situazioni eccessive. Oltre 70 si è in fase di “ipercomprato”, mentre sotto 30 si è in presenza di eccesso ribassista, chiamato ipervenduto.

Un livello come quello raggiunto venerdì scorso venne toccato solo altre due volte durante il rimbalzo post-pandemico.
La prima fu l’8 giugno 2020 quando il medesimo 74,5 fu segnato in concomitanza con il massimo che precedette una correzione non molto profonda, ma abbastanza duratura, che occupò il resto del mese di giugno e la prima metà di luglio. La seconda volta l’ipercomprato fu addirittura più forte, durante l’incredibile rally di fine agosto, ed arrivò a segnare addirittura 82,9 il 2 di settembre scorso.

Ma allora l’indice pagò la sbornia con la lunga correzione di settembre ed ottobre, che lo portò a cedere oltre il -10% dal massimo del 2 settembre e terminò con il pieno recupero nel giorno dell’autorizzazione del primo vaccino anti-Covid, il 9 novembre.

L’indice europeo Eurostoxx50 si presentava ieri ai nastri di partenza della settimana con un ipercomprato ancora più alto di quello del cugino americano, cioè pari a 77,58.
Su Eurostoxx50, per rivedere un valore così alto, occorre andare indietro fino a dicembre del 1999, cioè nel secolo e nel millennio scorso. 

Chi ama il bicchiere mezzo pieno osserverà che ciò dimostra che per gli investitori la vecchia Europa ha perso il ruolo di brutto anatroccolo, sempre di salute cagionevole e trainato dal vigore americano, per trasformarsi in un magnifico cigno (perdonate l’eccesso di retorica, non sono abituato alla forza della vecchia Europa.

Rimedio subito). Ma sicuramente dimostra che tutte le correzioni sull’indice europeo degli ultimi 21 anni sono partite da livelli inferiori di eccesso rialzista. 

In base alle precedenti considerazioni, e considerato anche che venerdì Eurostoxx50 ha anche toccato il bordo superiore del canale rialzista piuttosto inclinato che sta seguendo dall’inizio di febbraio, non mi ha certo stupito la battuta d’arresto che si è vista ieri sui mercati occidentali.

Una frenata francamente abbastanza dolce (Eurostoxx50 -0,32% e SP500 -0,53%) e contenuta entro il punto percentuale di perdita per quasi tutti gli indici principali di Europa e USA. Le uniche eccezioni sono state, in negativo il Russell2000 delle small cap americane (-1,56%), ma in positivo il francese Cac40 (+0,15%) e soprattutto lo spagnolo Ibex35 (+1,14%).

La dolcezza della frenata potrebbe addirittura permettere un recupero immediato ed una ulteriore estensione del rialzo.
Infatti, il movimento di un’onda 3 rialzista spesso riserva sorprese positive.

Tuttavia l’evento ora più probabile è l’impossibilità di estendere ancora il movimento rialzista fin da subito. Quota 4.191 di SP500, a mio parere, si candida a rimanere il massimo storico almeno per qualche giorno.

Pertanto dobbiamo ora ipotizzare, fino a prova contraria, che l’onda 3 si sia conclusa venerdì scorso e che nei prossimi giorni si sviluppi l’onda 4, che andremo a studiare se oggi i mercati confermeranno questa ipotesi.  

Concludo con altre due segnalazioni, che mi paiono degne di attenzione.

La prima è il comportamento degli indici cinesi che da un po’ di tempo sembrano avere un comportamento decisamente decorrelato rispetto al resto del mondo.

Hanno passato il mese di marzo e la prima metà di aprile dalle parti dei minimi raggiunti con la correzione di febbraio, mostrando una debolezza eclatante rispetto alla baldanza dei mercati occidentali. Ma ieri, proprio prima che l’occidente azionario si fermasse, hanno messo a segno un deciso rimbalzo e tentano di completare modelli di inversione rialzista, magari per ospitare il toro che per qualche giorno potrebbe trasferirsi fuori dall’occidente.

La seconda è il Bitcoin, che 6 giorni fa ha segnato l’ennesimo massimo storico, superando anche i 64.000 $ di valore, sulla scia dell’interesse di banche e grandi corporation a favorirne la diffusione come mezzo di pagamento e in seguito al debutto col botto al Nasdaq della piattaforma di negoziazione di criptovalute Coinbase.

La cosa però non è piaciuta molto alle banche centrali e al governo USA, che in questi giorni hanno fatto trapelare i loro progetti di digitalizzazione delle valute ufficiali e l’intenzione di stringere le maglie regolamentari sulle criptovalute.

Sta di fatto che in 6 giornate di quotazione ha già perso circa 10.000 $ dal massimo storico (-13,6%).

Siccome in questo 2021 le correzioni del Bitcoin hanno anticipato, sia a febbraio che a marzo, le correzioni di Wall Street, anche questo sembra un segnale che invita ad accantonare per un po’ l’euforia.

Autore: Pierluigi Gerbino Fonte: News Trend Online

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