Tim: la lunga strada verso casa

Rossana Prezioso Rossana Prezioso - 29/01/2019 10:21

Scorporo o non scorporo?

La domanda non trova una risposta semplice. A cominciare dalla nuova struttura della società che nascerebbe da tutto questo. Data la sensibilità dell’argomento (le telecomunicazioni sono il futuro, indubbiamente) anche a livello di sicurezza nazionale sembra essere di vitale importanza la presenza del governo anche nella nuova organizzazione. Ma quale? Chi prenderà cosa? In questo caso si dovrà capire che fine farà il debito e la distribuzione di dipendenti e competenze.

 

La proposta di Vivendi

Dopo il profit warning dei giorni scorsi che ha fatto precipitare le quotazioni di Tim appare lontano, quindi il target del 2-3% di crescita proposto dall’ex Ceo, Amos Genish, uomo forte di Vivendi e il cui piano è stato bocciato da AgCom. La proposta dei francesi prevedeva la cessione degli asset di rete fissa ad una controllata Tim nata ad hoc. Controllo totale quindi, su tutto. Vivendi, per rafforzare la sua posizione, ha recentemente chiamato in causa anche i sindacati, giudicando la separazione della rete fissa come un possibile pericolo per i livelli occupazionali.

 

La controproposta di Elliott

Da parte sua Elliott, secondo azionista di Tim, concorda invece con quanto richiesto da AgCom. In poche parole il fondo si oppone al piano di Vivendi di creare una sorta di “finto scorporo” che manterrebbe il controllo totale all’interno dell’ombrello Tim. Questa strategia, stando alle dichiarazioni dei rappresentanti Elliott, non permetterebbe di rivalutare le azioni dell’ex monopolista di stato.

 

I motivi di Elliot

Elliot, tornato alla carica dopo il no al piano Genish, accetterebbe, invece, dietro adeguata contropartita, di scendere sotto la soglia del 50%. I panorami che si aprono di fronte a questa possibilità sono enormi, in primis la collaborazione con la sua diretta concorrente, Open Fiber in mano a Enel e Cassa Depositi e Prestiti la quale, tra l’altro, ha posizioni anche in Tim. Ma anche in questo caso resterebbe l’incognita debito. La svolta in questo senso, qualora ci fosse, potrebbe essere, fanno notare da Elliott, un trampolino di ripresa per la società di telecomunicazioni che nei giorni scorsi ha toccato, sul Ftse Mib, il minimo storico di 0,446 euro.

 

La guerra delle carte bollate

Di fronte a questo, o per meglio dire dietro a tutto questo, si sta svolgendo anche un’altra partita, forse meno appassionante per gli osservatori, ma altrettanto determinante per la società: la guerra di possibili denunce e controdenunce tra Elliott e Vivendi con quest’ultima che è arrivata a chiedere la revoca dei 5 rappresentanti in cda dell’avversario. Per quanto riguarda Elliott alcuni rumors di stampa indicano, tra le altre misure che potrebbe prendere come risposta, una serie di richieste di indennizzo a tutela dell’immagine dei 5 consiglieri e della società stessa.

 

I numeri di Tim

A dare la spinta verso il baratro già qualche giorno fa è stato il profit warning arrivato con il budget preliminare 2019 e i dati preliminari 2018. Partendo da questi ultimi, numeri alla mano, per Tim si prevede un Ebitda consolidato complessivo organico di 8,1 miliardi di euro in flessione del 5%. A preoccupare è anche quello domestico che, nella nota pubblicata al termine del cda Tim, sarà anch’esso in calo. Le cose non vanno bene nemmeno alla voce ricavi e utile netto. Per i primi, i 19,2 miliardi stimati sono pari a -3,2% mentre per il secondo, l’utile netto appunto, si parla di 1,54 miliardi ovvero una perdita di 500 milioni al netto. Salvo altre svalutazioni, come avvisato.

Per il primo semestre 2019 le cose non dovrebbero cambiare più di tanto e le previsioni parlano ancora di risultati al di sotto delle attese. Informazioni gestionali che, è sempre la nota che lo precisa “non devono essere considerate definitive e sono suscettibili di variazioni”.


La view degli analisti

A questo punto l’appuntamento è per il 21 febbraio ovvero quando saranno presentati il piano 2019-2021 i risultati definitivi del bilancio 2018. Nulla di nuovo sotto il sole per Moody’s che vede la conferma, nelle cifre, della pressione competitiva che si è esacerbata sl settore anche in seguito all’entrata in scena di nuovi concorrenti, prima di tutto Iliad. Chiarezza anche se si tratta di notizie non confortanti per gli investitori. Questa, in estrema sintesi, la posizione di UBS che per quanto apprezzi la strategia comunicativa il cui scopo sarebbe riconquistare la fiducia degli azionisti, consiglia comunque di vendere.


Articolo a cura di Rossana Prezioso
 

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