Tornano i Callable di Barclays ma con una novità rilevante: il prezzo di emissione sotto la pari
Se in questo 2023 di tassi di interesse ritornati finalmente su livelli normali (l’anomalia storica è stata sicuramente rappresentata dal decennio 2010-2020, a causa delle politiche anticonvenzionali messe in campo dalle banche centrali) abbiamo imparato ad apprezzare le emissioni di Barclays, è principalmente grazie agli elevati rendimenti che la casa di investimenti inglese è riuscita ad offrire, a parità di rischio, sui suoi prodotti strutturati. In un appuntamento di fine gennaio presentavamo infatti il Phoenix Memory Callable con codice ISIN XS2458899841, prodotto scritto su un basket di blue chips italiane sempre ben acquistato dagli investitori in ragione della ricca cedola (1,61% mensile) che pagava, ma che ha avuto una vita fin troppo breve, essendo stato richiamato dall’emittente alla prima data utile a fronte di un rendimento nominale pari al 9,66% in appena sei mesi.
L’unico neo (se così possiamo definirlo) di prodotti con caratteristiche simili è che, proprio in virtù dell’elevato premio periodico corrisposto, questi tendono a prezzare spesso al di sopra della pari, specialmente in prossimità dello stacco cedola successivo. In questi casi, più per ragioni psicologiche che materiali, gli investitori sono restii a comprare prodotti al di sopra della pari (anche se il prezzo di acquisto incorpora appena un solo premio), preferendo certificati con prezzo ask tra il 90% ed il 100% del nominale. Per ovviare a questo bias psicologico, la stessa Barclays, tra le sue nuove proposte, ha presentato un nuovo prodotto con prezzo di emissione ben al di sotto della pari (91 euro) e valore nominale pari a 100 euro; ovviamente, come contropartita, il premio periodico pagato dalla struttura risulterà inferiore rispetto ad un certificato con le stesse caratteristiche ma emesso a 100 euro.
Lo strumento di cui stiamo parlando è il nuovo Phoenix Memory Callable (ISIN: XS2648327133) targato Barclays e scritto su un classico basket italiano composto da Eni, Unicredit, Enel ed Intesa Sanpaolo. Il prodotto presenta barriere capitali relativamente difensive e poste al 60% degli strike price: su Enel, ad esempio, la barriera è posta a quota 3,6684 euro, al di sopra dei minimi battuti dal titolo durante la crisi del gas del 2022, su Eni al di sotto della soglia psicologica dei 10 euro (9,4224 euro), su Intesa (1,5144 euro) al di sotto dei minimi toccati nel 2022, mentre su Unicredit è posizionata a 14,1 euro, più in basso dei minimi battuti durante la crisi Credit Suisse. Il certificato, emesso a 91 euro, paga un premio pari allo 0,75% mensile (9% p.a., trigger premio posto in corrispondenza del 60% degli strike price), con durata massima pari a tre anni e possibilità di richiamo discrezionale da parte dell’emittente, a partire da novembre 2024, rimborsando il valore nominale, pari a 100 euro, oltre ad un’ultima cedola dello 0,75%. Nell’eventualità di rimborso alla prima data utile, all’investitore andrebbero 109 euro complessivi, per un rendimento totale di poco inferiore al 20%.
Qualora invece si giunga alla data di osservazione finale del 2 novembre 2026 senza che il certificato sia stato richiamato dall’emittente, il prodotto rimborserà il proprio valore nominale, oltre ad un ultimo premio, qualora Eni, titolo peggiore che attualmente compone il paniere (al 95,39% dello strike price) non perda un ulteriore -37% circa dalla quotazione corrente. Al di sotto del livello barriera, il valore di rimborso del certificato verrà invece diminuito della performance negativa del titolo worst of, che verrà calcolata a partire dallo strike price. Il certificato è quotato sul Cert-X ad un prezzo lettera di poco inferiore ai 91 euro, con un rendimento ottenibile dall’investitore pari al 13,2% annualizzato, in caso di mantenimento della barriera a scadenza.
Report a cura di Pierpaolo Scandurra
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