CAPITOLO 10

EFFICIENZA DEBOLE DEL MERCATO ITALIANO

10.1     Il comportamento del mercato azionario italiano

     Tradizionalmente il comportamento dei titoli nell'ambito del mercato azionario viene analizzato innanzitutto secondo un approccio interpretativo cosiddetto dei fondamentali, verificando se il valore di un'azione può essere ricondotto al valore attuale del flusso futuro dei dividendi scontati ad un certo tasso r, ovvero se il prezzo di mercato coincide con il valore fondamentale o intrinseco del titolo.

     Per il mercato italiano è stata presentata un'analisi di questo genere 1 riferita al valore complessivo della capitalizzazione di un campione di 25 società quotate dal 1975 al 1992; tale valore è stato confrontato con l'andamento corrispondente di utili e dividendi, nonché con l'evoluzione dell'indice dei prezzi.
Con una semplice stima econometrica è emerso piuttosto chiaramente il ruolo primario svolto dai risultati economici e dalla remunerazione del capitale nella determinazione del valore delle imprese, nonché l'effettiva funzione di attività reali delle azioni nel lungo periodo; allo stesso modo è risultata importante l'evoluzione passata dei dividendi e delle percentuali di autofinanziamento, nonché evidentemente l'andamento dei tassi d'interesse di mercato.

     Se il legame tendenzialmente molto forte tra queste variabili ed il prezzo delle azioni risulta esistere nel lungo periodo, è altrettanto chiaro che tale legame presenta notevoli irregolarità ed oscillazioni, di cui alcune di ampiezza significativa.
Nel breve termine l'importanza delle variabili esplicative dietro ai principali movimenti delle azioni si riduce drasticamente, per il semplice fatto che il periodo di tempo è troppo ridotto affinché esse forniscano una massa sufficiente di dati con cui giudicare i movimenti della redditività futura dell'impresa.
Diventano a questo punto molto più rilevanti altre variabili, anche di carattere psicologico, che influenzano l'atteggiamento degli investitori nei confronti del mercato azionario; l'aspetto problematico in questo caso non è solo la poco agevole individuazione, ma soprattutto l'associazione di ciascuna di esse ad un ben definito effetto sul mercato azionario.
Si tratta frequentemente di eventi e notizie, anche di carattere non economico, che influenzano le aspettative degli operatori non in modo diretto, ma piuttosto segnalando diverse eventualità possibili: ad esempio una stessa informazione può essere percepita dagli investitori alcune volte per un futuro miglioramento della redditività, altre volte per un incremento del rischio, altre volte ancora determinando ondate di pessimismo o di ottimismo.

     Questo comportamento del mercato azionario italiano è stato confermato 2 anche attraverso l'utilizzo di una tecnica econometrica più complessa, nota come analisi di cointegrazione (cointegration technique).
Si è riscontrato infatti nuovamente come per la borsa italiana (con dati che questa volta si riferiscono al periodo 1960-1987) possa essere considerata valida, in linea di massima, l'equazione che collega i prezzi delle azioni all'andamento dei dividendi, secondo la nota identità

si notano peraltro una serie di fluttuazioni anormali di breve termine denominate bolle (bubbles).
Si tratta di casi particolari dei movimenti di prezzo particolarmente imprevedibili e apparentemente inspiegabili in base ai fondamentali; in seguito ad una crescita abbastanza prolungata del prezzo dei titoli, prende avvio un processo che genera aspettative di nuovi incrementi e che attira nuovi investitori, la cui domanda genera ulteriori incrementi nei corsi e così via.
Ad un certo punto il meccanismo si blocca e si verifica un crollo repentino delle quotazioni, per ragioni che si possono far risalire ad un eccessivo allontanamento dei fondamentali o per il verificarsi di qualche altro fenomeno che muta le aspettative.

     L'analisi di cointegrazione fa notare altresì un comportamento asimmetrico tra fasi bullish e fasi bearish; nelle tendenze rialziste infatti gli operatori entrano in modo relativamente pronto, ma sono al contrario molto più lenti nel chiudere le posizioni una volta che è iniziato il ribasso, probabilmente nella speranza di recuperare le perdite nel prossimo futuro.
Questa considerazione è in linea con le risultanze di un'analisi congiunta di prezzi e volumi di contrattazione 3; tale studio ha riscontrato che le fasi di borsa con scambi molto vivaci si riferiscono in misura maggiore a periodi con forti aumenti di prezzi, rispetto al numero di periodi con forti flessioni.

     L'efficienza del mercato italiano è stata analizzata 4 anche dal punto di vista della valutazione che gli investitori fanno delle informazioni sulla redditività dell'impresa, sulla falsa riga di una serie di ricerche effettuate sul mercato americano a cui è stato attribuita l'etichetta di overreaction hypothesis 5.
Secondo tale ipotesi gli investitori tenderebbero ad attribuire ai fatti un peso maggiore di quello corretto; questa anomalia avrebbe origine nella difficoltà di stima delle aspettative di lungo termine che determinano il prezzo di equilibrio del titolo, cosicché gli investitori concentrerebbero la loro attenzione sulle implicazioni di breve termine delle informazioni.
Il mercato sarebbe quindi efficiente in quanto assorbirebbe con rapidità le informazioni che hanno effetti sui corsi di borsa nel breve periodo, mentre sarebbe inefficiente nel senso che non trasferirebbe in modo corretto, nella valutazione, le informazioni di lungo periodo.
Di conseguenza i prezzi non coincidono con il valore reale se non dopo una fase di revisione dell'importanza della notizia e di conseguente correzione delle quotazioni.

     L'obiettivo della ricerca per il mercato italiano è stato dunque quello di verificare la presenza del cosiddetto effetto direzione, ovvero il movimento di segno opposto che farebbe seguito alle variazioni in eccesso.
Senza addentrarci eccessivamente nella metodologia di verifica utilizzata, va comunque ricordato che nello studio sono stati selezionati per l'anno 1993 i cinque titoli che il decimo, il ventesimo ed il trentesimo giorno di borsa aperta di ciascun mese hanno realizzato il migliore e peggiore rendimento tra tutti quelli presenti nel listino azionario della borsa di Milano; è stato isolato quindi un periodo di verifica di quindici giorni prima e dopo l'evento.
I risultati ottenuti permettono in sintesi di affermare che per i titoli winner (quelli che hanno realizzato una delle cinque migliori performance nei giorni indicati dallo studio) non vi è evidenza di significative variazioni di prezzo né dell'esistenza di trend nei periodi che precedono e seguono la data dell'evento; per l'aggregato delle azioni perdenti (i cinque titoli che nei giorni di borsa prescelti hanno realizzato i peggiori rendimenti) al contrario la notizia non è assorbita nella quotazione con rapidità e l'effetto direzione è provato.
Per tali titoli azionari il parziale recupero che si ha dopo l'iniziale marcata flessione del prezzo sembra suggerire una strategia operativa: acquistare i titoli che realizzano performance giornaliere molto negative, perché la successiva correzione del prezzo di borsa consentirà di realizzare extra-profitti speculativi.

     In conclusione di questo paragrafo che ha presentato alcune evidenze sul comportamento del mercato azionario italiano possiamo fare alcune considerazioni sul potenziale utilizzo profittevole dell'analisi tecnica.

     Innanzitutto la presenza di bolle speculative nel breve periodo non si concilia certamente con la visione di un mercato efficiente; si può peraltro supporre ragionevolmente che durante tali bolle aumenti decisamente il rischio di mercato e che di conseguenza l'operatore richieda un premio al rischio più elevato, che si traduce chiaramente in un tasso di rendimento più alto 6.
A questo punto deve essere valutato se l'aumento della volatilità implica una maggiore difficoltà per l'analisi tecnica nell'identificare i reali punti d'inversione, di modo che le operazioni vengono effettuate nel momento sbagliato ed i costi di transazione assorbono ogni potenziale guadagno, oppure se questa maggiore variabilità consente al contrario alle trading rules lo sfruttamento speculativo di tali movimenti minori di mercato al rialzo.

     In secondo luogo la tesi dell'eccesso di reazione, valida peraltro nel mercato italiano solo per le informazioni negative, si pone evidentemente in contrasto con l'ipotesi di efficienza del mercato, concordando invece con le teorie psicologiche che, nello studiare la capacità degli esseri umani di percepire gli eventi e giudicarli, hanno rilevato l'enfatizzazione delle informazioni di data più recente.
L'analisi tecnica potrebbe essere un modo per tenere conto della prevalenza, nel breve periodo, di tali variabili di carattere psicologico.


1 Verga G., Il mercato azionario tra fondamentali e bolle speculative, Laboratorio di Analisi Monetaria n. 2 (1994).
2 Verga G., The Italian Stock Market: Efficiency and Price Formation, in The NATO Advanced Research Workshop on "A reappraisal of the efficiency of financial markets" a cura di Guimares R.M.C., Kingsman B.J., Taylor S.J. (1989).
3 Verga G., Variabilità dei prezzi e delle quantità trattate: analisi teorica ed evidenza empirica, in Rapporto IRS sul mercato azionario (1989).
4 Caparrelli F. D'Arcangelis A.M., La reazione in eccesso del prezzo dei titoli: la teoria e una verifica empirica sulle azioni italiane, Bancaria (1995).
5 La prima espressione di questo nuovo filone della letteratura specialistica sull'efficienza è costituito dallo studio di De Bondt W.F.M. Thaler R.H., Does the Stock Market Overreact?, Journal of Finance (1985).
6 Tale conclusione trova conferma nelle ricerche presentate, che evidenziano, durante i periodi caratterizzati da bolle, una crescita della volatilità dei prezzi ed un deciso incremento del premio sulle opzioni dont.