È tornata l’avversione al rischio

14/12/2018 13:46

AUD e NZD crollano sui dati cinesi deludenti

By Arnaud Masset

Il dollaro australiano e quello neozelandese sono crollati sulla scia delle pesanti pressioni a vendere dovute ai dati economici deludenti dalla Cina. L’aussie ha ceduto quasi l’1%, a 0,7160, contro il biglietto verde, si tratta del livello più basso dall’inizio di dicembre; il kiwi ha perso più dell’1,10%, toccando quota $0,6780.
In generale, gli investitori hanno liquidato gli asset più rischiosi, rifugiandosi nelle valute considerate porti sicuri, come lo yen giapponese. È interessante notare che il franco francese ha perso lo 0,25% contro il biglietto verde, ciò lascia intendere che il recente rallentamento della crescita economia svizzera ha reso il franco meno attraente.

L’ultima serie di dati dalla seconda economia mondiale è risultata debole e suggerisce che la flessione sta diventando più marcata.

Ma bisogna indubbiamente tenere in conto anche la perenne guerra commerciale fra gli USA e la Cina. Le vendite al dettaglio cinesi hanno deluso le attese, crescendo solo dell’8,1% nel mese di novembre, a fronte dell’8,8% previsto e in calo rispetto all’8,6% di ottobre. Anche la produzione industriale non ha centrato le previsioni, attestandosi al 5,4% a/a rispetto al 5,9% precedente e previsto.
Nel complesso, sembra che l’affievolirsi della fiducia del mercato, grazie agli attacchi incessanti di Donald Trump contro la Cina, sommato al rallentamento economico del paese dovuto al processo di normalizzazione in atto – ovvero il passaggio da una crescita generata dalle esportazioni a un’economia trainata dalla domanda interna – abbiano danneggiato in modo significativo il settore industriale cinese.

Fra gli aspetti positivi si annovera il sensibile miglioramento nel conflitto fra Xi Jinping e The Donald, perché la tregua di 90 giorni dà a entrambi una boccata d’aria fresca.

Per ora gli investitori rimarranno nervosi, alla luce delle condizioni turbolente nei mercati finanziari e delle tensioni sul fronte geopolitico. Semplicemente non è il momento giusto per avere asset rischiosi.

Rallentamento della crescita in Giappone

By Vincent Mivelaz

Nel T3 il PIL giapponese è sceso del 2,50%; si tratta della maggiore contrazione dal giugno del 2014.
Un brusco calo del saldo delle partite correnti di ottobre sostiene questo scenario cupo. I dati del rapporto Tankan della Banca del Giappone riferiti al T4 confermano che l’attività economica sta calando.

Il sentiment delle imprese manifatturiere è rimasto invariato, dopo tre trimestri di flessioni.

Gli industriali sono nettamente più ottimisti, perché l’impatto del rovinoso tifone Trami e del terremoto di settembre renderà necessaria la ricostruzione delle infrastrutture nella regione. Nell’insieme, però, permangono le tensioni commerciali fra gli USA e la Cina, e le trattative bilaterali con Washington non inizieranno prima del gennaio 2019.
Il governo giapponese punterà a salvaguardare i dazi legati alla carne di manzo USA. Attualmente a 113,50, nel breve termine l’USD/JPY si avvicinerà alla fascia di 113,70.

Autore: Swissquote Fonte: News Trend Online

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