Trump assolto. Azionario, petrolio e dollaro USA in rally

06/02/2020 11:16

Trump assolto. Azionario, petrolio e dollaro USA in rally

Trump assolto. Azionario, petrolio e dollaro USA in rally

By Ipek Ozkardeskaya

Il Senato USA ha votato a favore dell’assoluzione del presidente Donald Trump dalle accuse di abuso di potere e ostruzione del Congresso. Il processo per l’impeachment di Trump si è quindi concluso senza sorprese.
Ora Trump potrà concentrarsi completamente sulla sua campagna elettorale ed è probabile che vinca un secondo mandato. L’attesa di una vittoria di Trump dovrebbe continuare a sostenere la domanda di azioni USA.

Inoltre, la Cina ha annunciato che taglierà i dazi su beni USA per un valore pari a $75 miliardi.

Pertanto in borsa è in corso un vero e proprio rally. L’S&P 500 (+1,13%) e il Dow (+1,68%) hanno toccato nuovi massimi storici, mentre il Nasdaq (+0,43%) ha consolidato i rialzi su livelli da record.

Il rendimento dei decennali USA è balzato all’1,6761%, con i capitali che si sono riversati sui mercati azionari per festeggiare la fine del processo di Trump.

Il prezzo spot sull’oro si è stabilizzato a $1552/1558 all’oncia.

Anche in Asia l’azionario ha cavalcato l’onda rialzista.

Il Nikkei è salito del 2,86%, l’Hang Seng e il Composite di Shanghai sono avanzati rispettivamente del 2,60% e dell’1,08%. L’ASX 200 ha guadagnato l’1,05%, anche se, a dicembre, le vendite al dettaglio australiane sono calate dello 0,5% m/m, a fronte del -0,2% previsto dagli analisti e del +1,0% registrato il mese precedente.

Negli USA, invece, i dati sono stati incoraggianti.
Mercoledì il rapporto ADP è risultato molto al di sopra delle attese degli analisti. A gennaio, l’economia USA ha creato 291.000 nuovi posti di lavoro nel settore privato, a fronte delle 157.000 unità stimate dagli analisti e delle 199.000 del mese precedente. L’incremento inaspettato delle cifre riferite all’occupazione statunitense alimenta le speranze che anche il dato sulle buste paga non agricole di venerdì riservi una sorpresa al rialzo, sebbene un buon dato dal rapporto ADP non si traduca necessariamente in una cifra NFP solida.

Ad ogni modo, proprio il forte rapporto ADP ha causato, mercoledì, la marcata flessione di euro e sterlina contro il dollaro USA.

L’euro è scivolato sotto il livello a 1,10 contro il biglietto verde, mentre il cable è calato sotto 1,30 e poi si è consolidato.

Il greggio WTI ha compiuto un balzo del 2,50%, salendo a $52,20 al barile, perché il rinnovato rally dell’azionario ha fatto dimenticare, almeno per un po’, le preoccupazioni per il coronavirus.
Nel frattempo, gli esperti dell’OPEC hanno prolungato la riunione di un terzo giorno, per valutare le implicazioni del coronavirus sulla domanda di petrolio e per decidere se sia necessaria una riunione ministeriale anticipata per tagliare la produzione, prima dell’incontro in programma a marzo.

Il gruppo OPEC+ dovrebbe tagliare la produzione fino a un milione di barili al giorno, così da mantenere la stabilità dei prezzi, di fronte a un crollo del 20% della domanda cinese.

I future su FTSE (+0,65%) e DAX (+0,78%) suggeriscono un avvio positivo in Europa. Il FTSE 100 si prepara ad aprire sopra la soglia dei 7500 punti, supportato dall’aumento dei prezzi del petrolio e dal calo della sterlina.

Sul fronte dei dati, in Europa sarà una giornata fiacca.

Da seguire saranno il Bollettino e le previsioni economiche della Banca Centrale Europea (BCE), oltre all’odierno intervento di Christine Lagarde, il secondo nel giro di due giorni. Ieri Lagarde ha detto che la forward guidance e gli acquisti di asset fungono da “efficaci stabilizzatori automatici”.
Probabilmente seguirà le orme del suo predecessore Mario Draghi con una forward guidance aggressiva e una politica monetaria ultra accomodante, segnale che l’euro potrebbe rimanere sotto ragionevoli pressioni ribassiste e scendere anche oltre il livello a 1,10.

Nel Regno Unito, i dati PMI riferiti ai servizi hanno rivelato che in Gran Bretagna l’attività è cresciuta al ritmo più veloce dall’ottobre 2018.

La sterlina, tuttavia, è rimasta all’ombra dell’USD forte, e forse delle crescenti apprensioni che i duri negoziati bilaterali con l’UE possano cancellare parte dell’ottimismo visto negli ultimi sondaggi aziendali. In effetti, la cifra di gennaio potrebbe essere un’eccezione in una serie di dati rimasta vicino o leggermente sotto la soglia dei 50 punti da più di un anno.

Guerra commerciale, incendi, coronavirus: l’economia australiana soffoca

By Ipek Ozkardeskaya

Nel terzo trimestre, l’economia australiana è cresciuta a un ritmo fiacco, pari all’1,7%, e i tagli consecutivi del tasso d’interesse decisi dalla banca centrale australiana (Reserve Bank of Australia (RBA) fra giugno e ottobre potrebbero aver fatto poco per stimolare l’attività prima della fine dell’anno.

Nel 2018 e 2019, le frizioni commerciali fra USA e Cina e le loro ripercussioni sulla domanda cinese, che, per inciso, rappresenta un terzo delle esportazioni australiane totali, oltre al calo dei prezzi delle materie prime, hanno pesato sull’economia australiana.

E questo prima che violenti incendi distruggessero le coste australiane e che esplodesse il coronavirus.

Sembra che l’Australia stia portando sulle spalle le miserie del mondo intero e la RBA sta esaurendo le risorse per combattere il rallentamento in corso e il rischio crescente di una contrazione economica.

Stando alle stime iniziali, solo il coronavirus potrebbe costare all’economia australiana quasi $13 miliardi nella prima metà dell’anno e nessuno sa quanto potrebbe peggiorare la situazione o quanto durerà questa crisi.

Tutto ciò che sappiamo è che, con tassi d’interesse già bassissimi, la RBA non potrà fare molto sul fronte dei tassi, salvo che non decida di unirsi al club della Politica dei Tassi d’Interesse allo Zero (ZIRP).

La RBA può applicare tassi negativi?

Sì, può farlo, ma probabilmente non lo farà.

Alla riunione di febbraio, la RBA ha mantenuto invariato il suo tasso di riferimento al minimo storico dello 0,75%, affermando che è troppo presto per determinare quanto “duraturo” sarà l’impatto del coronavirus sull’economia.

Il governatore Lowe ha aggiunto che “il consiglio continuerà a monitorare attentamente gli sviluppi, anche sul mercato del lavoro. È pronto ad allentare ulteriormente la politica qualora ciò si rendesse necessario”.

Servirebbero altri tre tagli perché l’Australia entrasse a far parte del club dei tassi pari allo zero/negativi.
Ma non è certo che i tassi d’interesse negativi siano ciò di cui l’economia australiana abbia bisogno e probabilmente la RBA non percorrerà quella strada.

Infatti, i tassi negativi potrebbero fare più danno che utile in Australia. L’esperienza mostra che i tassi negativi non hanno necessariamente contribuito a stimolare l’inflazione e la crescita in Giappone e nell’Eurozona.

Per l’inflazione australiana, però, il discorso è diverso.

Comunque, per il momento i tassi negativi non sono nell’agenda della RBA.

Inoltre, tassi allo zero o negativi sarebbero molto insoliti per una valuta ad alto beta. Pertanto, prima di far diventare i tassi negativi, la RBA può considerare strumenti di politica alternativi per sostenere l’economia, come gli acquisti di titoli o un’espansione del bilancio.

Per ora, tuttavia, i banchieri australiani credono che le sorti dell’economia australiana potrebbero migliorare quanto prima.
Secondo Lowe, “il livello basso dei tassi d’interesse, i recenti rimborsi fiscali e la spesa per le infrastrutture sostengono le prospettive generali, e probabilmente vi sarà un graduale miglioramento dell’outlook per il settore delle risorse e i consumi”.

E questa è anche la nostra speranza per l’Australia.

Nel frattempo, ci aspettiamo che la RBA mantenga un approccio attendista nel primo trimestre, anche se non escludiamo la possibilità di uno o più tagli del tasso nel corso dell’anno.

E poi c’è l’inflazione in rialzo…

Nel quarto trimestre, l’inflazione in Australia è salita dell’1,8%, valore massimo da un anno.

L’aumento dei prezzi al consumo è stato causato soprattutto dalle interruzioni alle forniture dovute agli incendi e le pressioni inflazionistiche potrebbero continuare almeno per un altro trimestre, per poi attenuarsi.

Nel prossimo futuro, la crescita dei prezzi al consumo australiani rimarrà probabilmente all’interno della fascia obiettivo della RBA (2-3%), per cui i banchieri avranno almeno un po’ di flessibilità per aumentare il supporto monetario se sarà davvero necessario.

L’Aussie

All’inizio del 2018, il dollaro australiano valeva 81 centesimi contro il dollaro USA.

Oggi l’AUD/USD scambia lievemente sotto il livello dei 68 centesimi, quasi il 18% in meno di due anni fa.

E non sembrano esserci segnali d’inversione del trend ribassista di lungo termine. Permane una solida resistenza vicino al livello a 0,7020, che corrisponde al ritracciamento minore del 23,6% sulla svalutazione in atto dal 2018 al 2020, e maggiore resistenza dovrebbe farsi sentire prima del livello critico a 0,7230, il forte ritracciamento del 38,2%.

Dal punto di vista tecnico, l’AUD/USD risentirà probabilmente di discrete pressioni a vendere, salvo che non si riprenda sopra il livello a 0,7230.

In tal Autore: Swissquote Fonte: News Trend Online

© TraderLink News - Direttore Responsabile Marco Valeriani - Riproduzione vietata

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