Quando si acquista un prodotto finanziario, è bene conoscere non solo la composizione, la diversificazione e la strutturazione dell’investimento, ma è fondamentale essere edotti in ambito normativo e fiscale.
Il tutto, per evitare di incorrere in sgradite sorprese, non solo dal punto di vista del rapporto tra rischio e rendimento ma anche in riferimento alla mera gestione contabile e fiscale dello stesso.
In particolare, è bene informarsi in merito al prodotto che andiamo ad acquistare, se questo sia un fondo, un ETF e via dicendo, armonizzato o meno.
Vediamo di capire quali sono le differenze principali.
Prodotti Armonizzati: caratteristiche principali
Quando si fa riferimento ai prodotti armonizzati, si parla di strumenti finanziari sottoposti ad una regolamentazione europea che fissa parametri e vincoli più stringenti per ciò che concerne la politica e la gestione dei capitali raccolti da parte dei vari gestori.
Quale è l’obiettivo?
Innanzitutto garantire sicurezza e certezza dell’investimento. Col termine sicurezza ci si riferisce al fatto che i prodotti in questione rientrano in determinati parametri fissati dalla normativa e quindi, nel momento in cui il risparmiatore sceglie di acquistare un prodotto, sa che il gestore dovrà attenersi a vincoli e paletti fissati dalla legge e non derogabili da parte del gestore stesso.
Il risparmiatore, quindi, si sente tutelato ed ha la certezza dell’osservanza di regole e vincoli da parte del gestore.
In poche parole, chi gestisce il fondo, non può fare ciò che vuole; la libertà di gestione conosce due limiti: uno di natura contrattuale, che fa riferimento al regolamento del prodotto e uno di natura normativa, dovendo attenersi a quello che prevede, appunto, la legge europea.
C’è inoltre da segnalare un altro aspetto, legato all’ambito fiscale dell’investimento, i cui proventi vengono trattati come redditi da capitale e quindi tassati al 26% (scomputata ovviamente la quota eventualmente investita in titoli di stato che sconta l’aliquota del 12,50%).
Prodotti non Armonizzati: opportunità o rischio?
Nello specifico, i Fondi non armonizzati, sono nati alla fine del secolo scorso.
A differenza dei cugini armonizzati, hanno la possibilità di poter gestire il patrimonio raccolto in maniera più libera ed ampia, ovvero con molti meno vincoli. Che cosa significa questo?
Da una parte, il gestore ha una discrezionalità più elevata in materia di scelte di investimento. L’unico vincolo, a questo punto, è legato al patto stipulato col risparmiatore in virtù del regolamento del prodotto.
Quindi: il gestore fissa le linee guida e gli obiettivi; sul come verranno raggiunti, ha ampio potere e margini di manovra.
Potenzialmente, aumentano quindi le possibilità di guadagni e di perdite, ovvero il rischio a carico dell’acquirente del prodotto. In seconda battuta, diminuiscono le certezze per il risparmiatore che, acquistando un prodotto non armonizzato, si affida totalmente alle qualità, competenze e lungimiranza del gestore.
Una fiducia senza limiti, quindi. Giusto, sbagliato, rischio, opportunità? Come sempre, non esiste una risposta unica. Ogni caso, fa storia a sé.
Gli aspetti essenziali sono sempre quelli della conoscenza, dell’informazione e della consapevolezza. Vi è infine un ulteriore aspetto da tenere in considerazione: la fiscalità.
I proventi che derivano da prodotti non armonizzati seguono la normale tassazione ordinaria e quindi vanno considerati importo imponibile ai fini Irpef.
Quindi, anche la gestione fiscale necessita di maggiore attenzione, onde evitare dimenticanze che potrebbero portare ad accertamenti da parte del Fisco.
Fatte le valutazioni del caso, ogni persona può fare le scelte che ritiene più appropriate. Consapevolmente.
n
@Foto articolo