Shein, moda veloce e petrolio: un cocktail inquinante

06/04/2024 16:28

Shein, moda veloce e petrolio: un cocktail inquinante

Nell'ambiente degli influencer, è comune promuovere marchi di moda veloci come Shein, mostrando pile di abiti e offrendo ai follower sconti. Tuttavia, quello che non viene detto è che queste aziende, con la loro produzione massiva di capi di abbigliamento, contribuiscono in gran parte al consumo globale di petrolio. Questo avviene perché utilizzano sostanze chimiche derivate dal petrolio nella produzione dei loro vestiti, come il poliestere, che genera microplastiche. 

L'industria della moda è responsabile del 10% delle emissioni globali di CO2, superando le emissioni dei voli internazionali e delle spedizioni marittime combinate. Le aziende di moda veloce, come Shein e Temu, stanno aggravando la situazione. La legislazione francese ha preso provvedimenti contro queste aziende introducendo una tassa per compensare il loro impatto ambientale. Tuttavia, frenare queste aziende non sarà facile, considerando la loro popolarità e il loro enorme volume di affari. Shein, ad esempio, ha le sue radici in una piccola azienda tecnologica cinese, e oggi è diventata un colosso dell'industria della moda, con profitti che raggiungono i 2 miliardi di dollari e vendite online che superano i 45 miliardi di dollari. 

L'aumento della domanda di petrolio da parte di aziende come Shein e Temu ha portato diverse raffinerie private cinesi a investire miliardi nella costruzione di nuovi impianti specializzati in prodotti chimici come l'etilene. Infatti, circa il 90% dell'aumento della domanda di petrolio in Cina tra il 2021 e il 2024 è attribuito alle materie prime chimiche. Nonostante l'aumento del consumo di petrolio e delle emissioni di CO2, i consumatori continuano ad acquistare capi di abbigliamento a basso costo provenienti da queste aziende, contribuendo così all'incremento dei rifiuti tessili. Questi capi di abbigliamento finiscono spesso in discariche a cielo aperto in località remote come il deserto di Atacama in Cile e le spiagge del Ghana, che sono ora coperte da montagne di vestiti invenduti.

(Redazione)

© TraderLink News - Direttore Responsabile Marco Valeriani - Riproduzione vietata

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