Quale sarà la futura direzione degli indici delle borse?

23/11/2020 19:30

Quale sarà la futura direzione degli indici delle borse?

Viviamo nell'era dell'informazione, e da quest'ultima siamo bombardati in maniera costante. Alcuni social, come LinkedIn e Twitter, sono social eminentemente informativi.
E Facebook è costantemente utilizzato, così come YouTube, per comunicazioni ufficiali da arte di enti governativi, agenzie di stampa, personaggi politici e intellettuali. Un articolo ormai datato di Forbes diceva che tra il 2013 e il 2015 sono stati generati più dati che in tutta la storia umana precedente.

Con ogni probabilità, la stessa quantità di dati viene adesso generata in meno di un anno. Quest'anno, complice anche la pandemia, i lockdown e l'uso sempre più massiccio di Internet, sicuramente si supereranno i 45 zettabyte di dati, cioè più di 450 miliardi di GB di dati.

Alcuni ricercatori hanno stimato che siano ormai in circolazione un numero di byte di dati 40 volte superiore al numero di stelle nell'universo osservabile, che sono centinaia di miliardi.

Ma c'è un problema, con tutti questi dati, per esempio in ambito finanziario. Questa infodemia, come è stata definita di recente, presenta molte sfide per investitori e decisori.

E' mentalmente difficile elaborare tutte le informazioni disponibili.
Troppi dati possono portare ad una "paralisi dell'analisi", cioè ad un'incapacità di prendere decisioni. La disinformazione e l'inclinazione dei media aggiungono altro materiale da elaborare per il nostro cervello. Inoltre, i nostri pregiudizi personali vengono rinforzati da algoritmi di notizie e bolle di filtri che cercano di presentarci solo informazioni che ci piacciono.

E le fonti dei dati, anche quelle di qualità, possono a volte entrare in conflitto tra loro.

Di che cosa abbiamo realmente bisogno?

Non abbiamo bisogno di più dati, abbiamo bisogno di comprenderli meglio. I risparmiatori e gli investitori hanno bisogno non di maggiori informazioni, ma degli strumenti giusti per filtrarle ed utilizzarle.
Bisogna filtrare il rumore di fondo per trovare e visualizzare i giusti trend che indicheranno dove andranno gli indici delle Borse, gli indici mondiali, le tendenze che trasformeranno la società e i mercati nei prossimi anni.

La finanza globale, gli investimenti, gli indici delle Borse ed i mercati sono sottoposti a trend chiari, ma che vanno separati, appunto, dall'enorme rumore cacofonico che l'overload informativo fornisce.

Cerchiamo quindi di fare un po' di chiarezza e di vedere quali di queste tendenze siano ben delineate.

I tassi d'interesse sono in calo

Una prima, chiara tendenza a cui assistiamo ormai da tempo è questa, cioè quella del calo dei tassi di interesse. Quello a cui non facciamo caso è che questo processo è in atto da centinaia di anni, non da pochi, come erroneamente pensiamo.
Proprio così. Lo dimostra un'eccellente serie di dati in possesso della Banca d'Inghilterra.

Questi dati risalgono addirittura al 14° secolo, e ci dicono che, a livello mondiale, il picco assoluto del costo del denaro è stato nel 1379, al 18,1%.

Da allora, attraverso il Rinascimento, ed i ben documentati prestiti che le città-stato italiane come Venezia, Firenze e Genova facevano a mercanti, nobili e regnanti, siamo in calo.
A questi primi dati si sono poi aggiunti quelli, altrettanto ben documentati di famiglie di banchieri come i Rotschild, i Fugger, i Morgan, e poi quelli delle banche centrali createsi a partire dal 17° secolo in poi.

Tutti questi dati dimostrano in maniera incontrovertibile una cosa.

La costante caduta dei tassi d'interesse, al ritmo dello 0,016% annuo (cioè 1,6 basis point) sin a partire dal 14° secolo. E se prendiamo un periodo di tempo molto più vicino a noi, per esempio dal 1990 ad oggi, il trend è sempre lo stesso. In America si è passati da un costo del denaro dell'8,1% al quasi zero attuale.

In Gran Bretagna eravamo al 14,8%, adesso siamo anche qui vicini allo zero.
In Svizzera si era all'8.9%, adesso siamo negativi per un -0,7%. Nelle nazioni che costituiscono l'Eurozona si era largamente sopra il 15%, adesso sono tutte al -0,4%, come da decisioni della BCE. Anche il Canada aveva tassi al 13%, mentre ora viaggia allo 0,5%, e l'Australia partiva da 14,5%, per essere adesso allo 0,1%.

Ovviamente, visto i tempi che corriamo, con la pandemia ancora rampante, i governi approfittano di questa situazione per indebitarsi a basso costo.

Il che non può che portarci ad esaminare un altro trend ben definito, quello del debito globale.

Il debito del mondo è in continua crescita

Siamo ormai a 258 trilioni di dollari, e continua a salire. Sono più di tre volte il PIL mondiale, per la precisione 3,31 volte.
Ovviamente è destinato a salire ancora di più, a causa degli stimoli fiscali, del calo delle entrate fiscali e dell'aumento dei disavanzi di bilancio. Questa cifra enorme riguarda tutti e tre i tipi principali di debito, ovverosia quello dei consumatori, quello delle imprese e quello statale.

Ed è quest'ultimo che, chiaramente, preoccupa di più.

Perché se un individuo ha troppi debiti è un problema suo, se ce li ha un impresa è un problema suo e dei suoi finanziatori, ma quando problemi di debito e possibilità di fallire li ha uno Stato, è molto peggio.

Concentriamoci quindi sui debiti statali. La grande esplosione del debito globale si è chiaramente avuta dal 2007, dallo scoppio della bolla dei subprime e, quindi, dalla Grande Recessione.

Alcuni stati si sono indebitati a doppia cifra, come noi, la Francia e il Giappone. Ma altri lo hanno fatto anche a tre cifre, come la Spagna, la Gran Bretagna e, soprattutto l'America.

Gli Stati Uniti, infatti, negli ultimi 13 anni hanno visto il loro debito statale crescere del +233%. Una cifra enorme.
Possono chiaramente sostenerlo dal momento che sono la nazione più solvibile del mondo e che il dollaro è la valuta più scambiata della Terra, ma rimane una cifra "monstre".

E i consumatori? Le generazioni più vecchie, come i Baby Boomers, stanno lentamente riducendo i loro debiti.

Ma quelle più giovani, come la Generazione X (+10%), i Millennial (+58%) e la Generazione Z (+22%) sono invece balzati alla grande sul treno del debito. Gli aumenti percentuali sono quelli dal 2015 all'inizio di quest'anno, e ci sono ancora da mettere in conto quelli generati dalla pandemia.

Il "cerchio della vita" delle grandi aziende

Un altro trend da tenere in considerazione è la scomparsa e la trasformazione di alcune blue chip, cioè delle aziende a grande capitalizzazione che costituiscono il cuore degli indici delle borse e dei mercati mondiali.

Fallimenti come quelli di Kodak, Lehman Brothers, Blockbuster e di alcuni grandi retailer una volta non erano nemmeno concepibili. Che oggi la General Electric valga meno di un decimo di Facebook non era neanche lontanamente pensabile, anche solo 10 anni fa. La cosiddetta "corporate longevity" non è più da ritenere una legge del mercato, anzi, tutt'altro.

La società di consulting Innosight ha pubblicato un documento in cui questo trend è messo nero su bianco.

Se nel 1964 una blue chip restava sull'indice principale di Borsa per 33 anni in media, la proiezione per il 2027 è di appena 12 anni. E questo trend, molto evidente in mercati evoluti come gli States, è comunque pronunciato da altre parti. Anche in Italia, per esempio, i titoli di oggi del FTSEMIB sono ben diversi di quelli di 20 o anche solo 10 anni fa.

E' un vero e proprio "sign o' the times", per utilizzare il titolo di una famosa canzone di Prince.

La parola d'ordine oggi è disruption. E viene effettuata attraverso un cambiamento veloce, costante e continuo, anche grazie al digitale, e con l'abbattimento delle usuali (una volta) barriere all'ingresso di competitor nel mercato.

I fattori ESG sono qui per rimanere

Un trend ineludibile dei mercati e degli indici mondiali è sicuramente quello legato ai fattori ESG.

Acronimo di Environmental, Social e Governance, sono i tre aspetti che stanno caratterizzando le scelte dei gestori di tutte le case d'investimento del mondo. E che sia un trend destinato a durare, forse ad libitum, lo conferma la scelta del più grande gestore del mondo, Trend Online

© TraderLink News - Direttore Responsabile Marco Valeriani - Riproduzione vietata

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