I ribassisti non si possono lamentare: dal 2018 in poi Wall Street ha sperimentato quattro contrazioni dai massimi di entità superiore al 19%. Eppure nel frattempo è più che raddoppiata, gratificando nel frattempo tutti gli investitori.
L’atteso rapporto sull’occupazione nel mese di maggio negli Stati Uniti, fornisce i dati che legittimano l’attuale impostazione di politica monetaria. Il dato supera, di misura, le aspettative, ma è accompagnato da una revisione verso il basso nei due mesi precedenti. Ad ogni modo, da un anno a questa parte sono stati generati in media 144 mila nuovi posti di lavoro al mese: la raffigurazione di un ciclo economico maturo ma non con il fiato corto; compatibile con un tasso di disoccupazione stabilmente sui minimi, tenuto conto della riduzione della forza lavoro generata dai noti provvedimenti sull’immigrazione (in altre parole: occorrono meno nuove assunzioni per mantenere stabile il tasso di disoccupazione).
A dicembre la Federal Reserve ha chiarito come il ciclo di taglio dei tassi di interesse era da intendersi in pausa, fino a quando fosse stato suggerito diversamente da inflazione ed occupazione. Le dinamiche macro rendono condivisibile questa cautela, che persiste: il mercato a termine esclude nuovi interventi sul costo del denaro prima di settembre (probabilità del 64%). Ma c’è da scommettere che in piena estate questa prospettiva slitterà in avanti, seguendo uno schema da mesi ricorrente.
La gestione cauta della politica monetaria è apprezzata dai mercati, che la scorsa settimana hanno festeggiato globalmente un nuovo massimo storico da parte del MSCI All Country, benchmark di molte gestioni azionarie. Wall Street rimane attardata, come da inizio anno del resto; con lo S&P500 che però si è portata ad un 2% scarso dai massimi assoluti di febbraio.
Apprezzabile però il fatto che sia riuscito a mantenersi sopra la sua media mobile a 20 giorni per sei settimane (30 sedute) consecutive. Una prova di continuità encomiabile, sperimentata l’ultima volta a dicembre 2023.
Dal minimo dell’8 aprile il rialzo dell’indice americano supera ora il 20% da chiusura a chiusura. Formalmente è la definizione di nuovo bull market, se bear market è stata la precedente esperienza delle settimane precedenti.
Gli Orsi non si possono del tutto lamentare. Negli ultimi sette anni la borsa americana ha sperimentato ben quattro formali bear market – uno ogni meno di due anni – se soltanto abbassassimo l’asticella ufficiale a -19% dai massimi, in luogo del solito -20 percento. Gli aggiustamenti verso il basso non sono certo mancati; ciò non toglie che, dal massimo di settembre 2018, Wall Street sia raddoppiata di valore, senza considerare oltretutto i dividendi.
Gaetano Evangelista - www.ageitalia.net