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Piazza Affari: dopo il crollo, la resurrezione
22/03/2023 16:01

C'è palpabile nervosismo sulla parte breve della curva dei rendimenti. Non tutti sono convinti circa l'opportunità di aumentare ancora il policy rate. A Piazza Affari l'indice FTSE MIB prima crolla, poi risorge: un pattern visto altre volte in questo secolo.
Il gap up di ieri sera a Wall Street riveste i connotati dell’eccezionalità, manifestandosi a 24 ore da un sentito appuntamento come quello della riunione del FOMC di oggi. Dal 1994 in poi un evento simile è stato registrato appena 20 volte e, se da un lato il seguito a media distanza non ha mai prodotto frequenze unipolari, dall’altro il giorno dell’annuncio lo S&P non ha mai perso terreno in misura significativa: quando ha perso a fine seduta, in media la performance è risultata pari al -0.4% (+0.7% nei casi in cui la seduta si è chiusa in territorio positivo).
Sebbene ci siano osservatori che a tutt’oggi pronosticano un nulla di fatto sul fronte dei tassi (più una esortazione che una previsione), l’orientamento di mercato si è consolidato attorno ad un rincaro del Fed Funds rate da 25 punti base: le probabilità in tal senso sono dell’85%; del 75% che la nostra Banca Centrale Europea si comporti allo stesso modo a maggio.
L’argomentazione dei cauti è che le fibrillazioni del sistema bancario USA genereranno un ulteriore restringimento delle condizioni finanziarie complessive, con conseguente credit crunch che si sostanzia di fatto in un rincaro da 50 punti base del policy rate. Il mercato insomma farebbe il lavoro sporco della banca centrale, che sarebbe così libera di occuparsi della stabilità finanziaria, messa in discussione da timori di bank running per i quali si sta muovendo ora il governo, vista la paralisi del Congresso.
Il nervosismo ad ogni modo è palpabile a tutte le latitudini. Ieri lo yield a 2 anni negli Stati Uniti è balzato di 20 punti base; addirittura di 25.6pb il rendimento biennale in Germania: si tratta in questo caso dell’incremento maggiore dal 2008, il terzo maggiore di sempre perlomeno dal 1990.
Negli ultimi 9 giorni lo yield del Treasury biennale ha fatto registrare una variazione giornaliera assoluta cumulata di 256 punti base: si tratta della volatilità più accentuata dal 1981.
Il rimbalzo del rendimento a 2 anni negli Stati Uniti segue la sollecitazione della media mobile a 200 giorni. Esattamente quanto occorso alcuni giorni fa sul FTSE MIB, che perdipiù ha goduto della spinta generata dall’uscita dalla finestra ciclica ostile del 20 febbraio – 20 marzo.
C’è dell’altro. La settimana scorsa l’indice della borsa italiana ha ceduto più del 4% in ben due occasioni nell’arco di tre sedute. Ce ne siamo occupati tempestivamente, sottolineando l’eccezionalità dell’evento e collocando il setup nel contesto storico. Oggi disponiamo di ulteriori informazioni: con il MIB che ha guadagnato oltre l’1.5% per due sedute di fila, subito dopo lo strappo ribassista citato.
Curioso rilevare come, dal 2000 ad oggi, il comportamento in questione è stato registrato in sole tre occasioni: tutte cruciali in ottica di lungo periodo, come commentiamo nel Rapporto Giornaliero di oggi.
Il commento di Gaetano Evangelista
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