Lo spread, questo sconosciuto…

Finanza Operativa Finanza Operativa - 08/08/2018 10:46

Avevo un capo tanti, forse troppi, anni fa che lo chiamava SPRID, probabilmente perché pensava si scrivessespreed. Negli anni 70/80, quando ho cominciato ad operare sui mercati obbligazionari, il tema era assolutamente sconosciuto e ampiamente sottovalutato. All’epoca, infatti, noi eravamo un Paese assolutamente “autarchico” dal punto di vista della finanza messa a disposizione del risparmio: qualche obbligazione emessa da primarie aziende, spesso con garanzie collaterali quasi sempre da parte degli stessi istituti, e pochi Titoli di Stato di breve durata.

Come responsabile del portafoglio obbligazionario di una primaria banca italiana presi parte a un’asta BOT il cui tasso di assegnazione a sei mesi si attestò attorno al 23%. Nel medesimo periodo un titolo tedesco di pari durata rendeva attorno al 4%. Tuttavia, nessun tedesco comperava BOT o CCT e nessun italiano investiva l’eccedenza di risparmio in BUND.
 

Lo spread c’era e non interessava a nessuno. Poi è arrivato l’euro prima che arrivasse l’Europa.  Con una moneta unica ma senza una “super nazione” unicache integrasse norme, prezzi, regole fiscali e comportamentali, la convivenza tra paesi europei abituati da decenni a tassi a cifra singola e paesi come il nostro abituati invece alla doppia cifra ha cominciato a richiedere analisi comparative, orientate sui rendimenti più che sui tassi.

E lo spread è diventato la notizia di cui discutere davanti al caffè del mattino. Va tenuto presente che lo spread non è figlio della politica e non è neppure figlio di una becera speculazione dei cattivi contro i buoni. Infatti, è prima di tutto un dato “ex ante” calcolato come semplice sottrazione tra il rendimento di un decennale BTP italiano e quello di un BUND tedesco. Cioè, molto semplicemente, se un BTP rende il 3% e il BUND il 2%, il differenziale sarà 100. Il vero tema, molto più complesso, riguarda il perché il BTP renda più del BUND seppur con andamenti di mercato volatili e variabili.  A voler essere pragmatici, anche questo riguarda aspetti tecnici e strutturali.
 

Se l’Italia viene considerata a rischio maggiore della Germania, i mercati pretenderanno un rendimento maggiore a garanzia parziale dei rischi impliciti nelle emissioni di titoli di Stato. Se il rischio aumenta, il premio cresce, esattamente come cresce il premio dell’assicurazione di un conducente maldestro con una pessima storia di incidenti da lui causati.

Ma, rispetto a una polizza assicurativa, va tenuto conto anche di alcune, rilevanti, differenze. In primo luogo, una polizza offre ampia garanzia di copertura danni, lo spread certamente no. L’esistenza dello spread non rappresenta una copertura totale contro il rischio di default. In seconda battuta, un premio pagato a una compagnia assicurativa, ad esempio sui danni causati dalla grandine, non viene necessariamente utilizzato. Anzi, si paga proprio con la speranza che la grandine non colpisca mai la macchina.  Il premio al rischio che dà origine allo spread, invece, danneggia certamente qualcuno mentre premia qualcun altro. E a essere premiato non è certamente il soggetto emittente (come nel caso della compagnia assicurativa), ma un investitore opportunista, quasi sempre professionale, che coglie il momento di spread elevato per investire adeguatamente le proprie risorse.
 

Inoltre, il prezzo di una polizza può essere negoziato. Esistono motori di ricerca efficienti che permettono di scegliere la medesima copertura alle condizioni economiche più vantaggiose per il sottoscrittore. Lo spread invece è “secco”, il rendimento finale offerto da un BTP decennale è sempre molto simile, da qualunque intermediario lo si acquisti.

Infine, il premio di una polizza danni non sarà mai condizionato da improvvidi interventi di loquacità elettorale o genericamente politica, mentre, come abbiamo più volte avuto modo di osservare, lo spread lo è. La crescita aumenta quanto più questa improvvida loquacità indurrà gli operatori a effettuare valutazioni in crescita sui rischi, mentre si verifica un calo quando gli interventi politici favoriscono fiducia e aumentano la distensione.
 

Nonostante ciò il calo dello spread, che in anni recenti ha raggiunto anche i 90 punti, non fa notizia, mentre un aumento a 200/300 punti base diventa il titolo di punta dei telegiornali, e se ne può sentire parlare anche nei contesti più impensati. In conclusione, se nell’arco di tre giorni il rendimento del BTP passa da 1,75% al 2,50% a causa di variazioni sullo spread, coloro che hanno già in portafoglio tale strumento si allarmeranno, mentre allo stesso tempo investitori che dispongono di liquidità potranno cogliere tale occasione per investire al meglio. E, credetemi, questa non è “speculazione vergognosa” ma una semplice regola aurea degli operatori capaci.


Articolo a cura di Giovanni Pesce, Esperto di mercati finanziari e di valutazione degli strumenti finanziari
Fonte: www.finanzaoperativa.com

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