Una digressione sui dati sulla Pressione fiscale

Analisi Economica Analisi Economica - 29/05/2025 15:35

Pressione Fiscale Annuale

Il Grafico 1 illustra l’andamento della pressione fiscale negli ultimi anni.

Il dato è in crescita da circa due anni, in controtendenza rispetto all’andamento successivo alla pandemia e in linea con l’andamento precedente alla pandemia. Il fenomeno non è tuttavia prettamente naturale, ossia il suo andamento è dovuto a cause sulle quali incidono le azioni dei contribuenti, delle imprese, del governo e delle relazioni internazionali. Il numeratore del rapporto è infatti dato dalla sommatoria delle imposte e dei contributi versati, mentre il denominatore è costituito dal PIL.

Il Grafico 2 illustra l’andamento del PIL in termini nominali e reali.

PIL a prezzi correnti e deflazionato

Grafico 2 (stime di AnalisiEconomica su dati ISTAT)

Si può vedere come l’andamento dal 2010 sia stazionario (+5% in 14 anni) in termini reali, e come gran parte della crescita in termini nominali sia infatti dovuta all’inflazione. Ai fini dalla stima della pressione fiscale, il PIL da considerare è quello nominale (linea blu) e l’andamento delle imposte rispetto al PIL è rappresentato nei successivi tre grafici.

Imposte dirette / PIL

Grafico 3 (stime di AnalisiEconomica su dati ISTAT)

Grafico 4 (stime di AnalisiEconomica su dati ISTAT)

Contributi sociali / PIL

Grafico 5 (stime di AnalisiEconomica su dati ISTAT)

Negli ultimi due anni, le imposte e i contributi sono appunto cresciute più del PIL ma in particolare le imposte dirette sono cresciute di più, rispetto alle imposte indirette e ai contributi (Grafico 6).

Andamento delle imposte e dei contributi

Grafico 6 (stime di AnalisiEconomica su dati ISTAT)

Le imposte dirette sono calcolate in relazione al reddito conseguito e quindi comprendono, in generale, l’IRPEF, l’IRES, l’IRAP. Le imposte indirette, invece, comprendono la voce più grande costituita dall’IVA.

La crescita della pressione fiscale è stata quindi causata in particolare dalle imposte sul reddito, non dovuta, però, a un recupero della evasione fiscale, in quanto questa, almeno negli ultimi anni disponibili, ha interessato maggiormente l’IVA[1], ossia le imposte indirette, probabilmente per effetto della fatturazione elettronica.

Le maggiori imposte versate dai contribuenti sono del resto state considerate positivamente dalle maggiori Agenzie internazionali di rating, le quali hanno migliorato la valutazione dei conti pubblici italiani. Secondo le loro attese, l’incremento delle tasse costituisce un miglioramento della probabilità di rimborso dei suoi debiti.

Una ragione potrebbe quindi essere da attribuire alla maggiore occupazione e al maggior numero di ore lavorate dalle quali scaturiscono le entrate tributarie. Questo dato, infatti, per il modo in cui è calcolato il PIL in Italia, non incide anche sul calcolo del denominatore della pressione fiscale, anche se il PIL è calcolato dal lato dei redditi. In pratica, anche se le persone guadagnano meno ma spendono per sopravvivere, il PIL non si riduce. Il PIL è cioè calcolato considerando la spesa effettuata dai lavoratori, dalle imprese, dalla pubblica amministrazione, dai residenti all’estero, e confrontando che questa sia uguale ai redditi che essi hanno percepito. Pertanto, se aumenta l’occupazione e aumentano i consumi, allora aumenta anche il PIL; se invece aumenta l’occupazione ma non i consumi, che infatti sono in diminuzione in Italia, allora aumentano solo i tributi versati e non il PIL. Il Grafico 7 riporta l’andamento del PIL per occupato.

PIL per Occupato

Grafico 7 (stime di AnalisiEconomica su dati ISTAT)

Riassumendo, l’aumento della pressione fiscale è probabilmente dovuto a un aumento delle imposte sui redditi, e i contribuenti non hanno però speso di più; mentre le Agenzie di rating hanno espresso un giudizio positivo sul debito, perché il settore pubblico ha incassato maggiori tributi senza procedere a una corrispondente maggiore spesa.

A cura di Gabriele Serafini
Analisi Economica 

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