Che il mercato obbligazionario sia sempre ricco di nicchie, al di là di quanto l’investitore medio immagina, lo dimostra una volta di più l’attuale disponibilità di una particolare categoria di emissioni, dai rilevanti punti forti e da una sola debolezza, che nel lungo termine potrebbe anche trasformarsi in un “plus”: si tratta di bond emessi da organizzazioni sovranazionali a massimo rating (AAA), con cedole superiori al 10% e tagli base modesti.
Nel caso dell’Italia hanno un rilevante vantaggio in più, quello di essere sottoposti ad aliquota fiscale ridotta del 12,5%. Quale la pecca? Sono espressi in valute emergenti, oggi incredibilmente debilitate nei confronti dell’euro. Nel caso specifico lira turca, rupia indonesiana e rublo russo.
In realtà – e la cosa può sembrare ancor più inverosimile – la lista delle obbligazioni di tale tipo comprende anche varie emissioni in yen giapponesi, frutto però di tempi lontani e totalmente illiquide, perché detenute da istituzionali che le curano come prezioso bottino per le performance di fondi pensione e quant’altro.
Le migliori sono molto giovani
In totale le emissioni di tale tipo sono circa una trentina, ma quelle realmente trattabili si limitano a una decina, di cui due hanno esordito nel 2015, a seguito del rialzo dei tassi di interesse e quindi dei rendimenti nei Paesi delle relative valute (Indonesia e Russia).
Nessuna è quotata su sistemi regolamentati in Italia e pertanto chi vuole metterle in portafoglio deve rivolgersi al mercato “Otc”, con qualche difficoltà nel caso si utilizzino intermediari poco efficienti. Tuttavia non ci sono limitazioni particolari per trattarle e lo dimostra il fatto che non pochi investitori italiani le abbiano già fatte proprie.
Si adattano fra l’altro sia a strategie di trading sia a posizionamenti di lungo periodo, in quest’ultimo caso con la precauzione di un’attenta verifica dell’andamento delle valute in cui sono espresse.
Nella lista delle emissioni da prendere in considerazione ne segnaliamo tre, riferite appunto alle monete prima indicate, sebbene ce ne siano anche altre in ulteriori divise, poco trattate però sul secondario.
Quelle prescelte si riferiscono rispettivamente a BIRS/IBRD, BERS/EBRD e IFC. Sigle forse non conosciute da tutti e che meritano quindi una qualche presentazione.
La BIRS in lire turche dà il 13,625%
BIRS, Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (in inglese International Bank for Reconstruction and Development, da cui deriva la sigla IBRD, utilizzata prevalentemente a livello di Borse e piattaforme) è un organismo internazionale dell'ONU, che ha lo scopo di aiutare i Paesi in via di sviluppo, tramite il finanziamento di progetti mirati al raggiungimento di precisi obiettivi.
Di fatto BIRS fa parte della Banca mondiale (World Bank Group). In questo caso l’obbligazione, espressa in lire turche, è stata emessa nel 2007.

Il titolo (taglio minimo 1.000 TRY) è quotato su molte Borse europee, risulta abbastanza liquido, sebbene abbia un importo globale non rilevante.
Inevitabilmente – data la breve vita residua – ha subito una forte pressione ribassista nell’ultimo anno, passando da una quotazione di circa 115 dell’inizio del 2015 agli attuali 103, con “spread” denaro/lettera solitamente accettabile per un bond di questo tipo.
La BERS in rupie indonesiane concede il 10%
BERS, Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (conosciuta anche con l'acronimo inglese, EBRD) è un organismo finanziario internazionale che opera nei Paesi dell'Europa centrale e orientale e dell'Asia.
Viene inserita tra le organizzazioni multilaterali di sviluppo regionale, categoria alla quale appartengono la Banca asiatica di sviluppo, la Banca interamericana di sviluppo e la Banca africana di sviluppo, oltre alla più nota Banca Europea degli Investimenti (BEI). In questo caso il titolo obbligazionario è espresso in rupie indonesiane ed è stato proposto sul mercato dalla metà dello scorso novembre.

Minore rispetto al BIRS in lire turche il numero di Borse europee su cui è trattato, con tuttavia una buona liquidità nel caso per esempio della Deutsche Boerse.
Con un lotto minimo di 10 milioni di IDR, cifra solo apparentemente rilevante, perché equivalente a 666 euro, il titolo si dimostra fra i più interessanti in assoluto per chi voglia esporsi sulla valuta indonesiana.
LA IFC in rubli (11%) ha già corso tanto
L’International Finance Corporation - IFC è un'agenzia della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) e quindi di fatto controllata dalla Banca Mondiale, di cui è uno dei bracci operativi più dinamici sui mercati.
In questo caso il bond – emesso a gennaio dello scorso anno – è espresso in rubli e ha subito alcune riaperture con il passare dei mesi.

Ormai quotato su varie Borse europee, ha presentato in passato dei disallineamenti di prezzo, dovuti anche a uno “spread” denaro/lettera piuttosto ampio (perfino 400 punti base).
In realtà da novembre si è ristretto a circa 150 punti. Si tratta di un bond molto volatile nelle quotazioni, che da settembre ha subito una pressione rialzista, pur in presenza di un rublo in caduta libera. Il taglio minimo è di 100.000 rubli, equivalenti a 1.260 euro.
Quell’unico rischio c’è, ma…
L’esposizione su valute così altalenanti, pur in un trend fortemente di debolezza di lira turca, rupia indonesiana e rublo russo, rappresenta forse un motivo di incertezza rispetto a tre obbligazioni destinate soprattutto agli istituzionali, che le hanno inserite in molti fondi.
Proprio questa peculiarità rende interessanti le tre emissioni di organizzazioni internazionali, che possono anche entrare in portafogli di piccoli e medi investitori, pur con bassi importi, utili tuttavia a migliorare i rendimenti in periodi altrimenti molto difficili da questo punto di vista.
La liquidità per ora è stata discreta, ma certamente in situazioni di panico dei mercati le tre obbligazioni potrebbero non scambiare, aspetto che va tenuto in considerazione da parte di chi non sia sicuro di poter portare a scadenza bond specialistici, trattati sull’“Otc”, con cedole comunque da record.
Fonte: News
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