Buoni pasto settembre 2025, commissioni più basse in arrivo: ecco cosa cambia e chi ci guadagna

Benna Cicala Benna Cicala - 11/07/2025 07:30

Buoni pasto settembre 2025, commissioni più basse in arrivo: ecco cosa cambia e chi ci guadagna

A partire dall’entrata in vigore della riforma sui buoni pasto settembre 2025, il sistema delle commissioni applicate ai ticket subirà una modifica sostanziale. Il governo ha infatti stabilito che, dal 1° settembre, nessuna società emettitrice potrà trattenere più del 5% per ogni buono speso presso bar, ristoranti, supermercati o altri esercizi convenzionati. Un tetto rigido che mira a riequilibrare un mercato in cui, fino ad oggi, le commissioni hanno inciso anche per il 15–20%.

Ma quali effetti avrà questa stretta sulle commissioni per le società emettitrici? I negozianti trarranno davvero beneficio dalla nuova soglia? E i lavoratori dipendenti, destinatari finali dei ticket, vedranno un cambiamento concreto nella vita quotidiana?

Prima di approfondire il discorso nei paragrafi a seguire, vi lasciamo al video YouTube di Giampiero Teresi (Regine Forfettario) su come i buoni pasto posso aiutare Liberi Professionisti e ditte individuali a ridurre la tassazione.

Buoni pasto settembre 2025: cosa prevede la riforma sulle commissioni

Dopo l'estate, il 1° settembre 2025, entrerà in vigore la riforma dei buoni pasto varata dal governo Meloni lo scorso anno. La novità può sembrare solamente un dettagli tecnico: ci sarà un nuovo tetto massimo sulle commissioni, pari al 5%. In particolare, il tetto si applica già oggi per tutti i ticket emessi quest'anno, mentre su quelli erogati in precedenza non è ancora attivo. Sulla carta, per i dipendenti che ricevono i buoni non cambia niente. Ma il cambio di meccanismo potrebbe avere delle conseguenze sia negative che positive sul settore.

Chi ci perde e chi ci guadagna?

Chi ci perderà sono le società che emettono i buoni pasto. Si tratta di aziende che firmano delle convenzioni con supermercati, ristoranti, bar e così via, e che rimborsano la somma dovuta agli esercizi commerciali quando viene usato un ticket. Ma naturalmente trattengono una commissione, che in alcuni casi può arrivare anche fino al 20% del valore del buono. Da settembre invece non ci saranno più eccezioni, e il valore massimo sarà fissato al 5%. Dunque, per ogni 10 euro di buoni pasto l'azienda emittente incasserà non più di cinquanta centesimi di commissioni.

Per questo all'inizio la misura era stata contestata da Anseb, l'associazione che unisce le società che emettono i ticket. Non solo perché queste società perderanno una parte dei propri incassi, ma anche perché cambiando di colpo le commissioni sarebbe stato necessario rinegoziare tutti gli accordi e le convenzioni con gli esercizi commerciali. Per questo si è deciso di rimandare fino a settembre 2025 per i buoni emessi lo scorso anno.

Al contrario, chi ci guadagna sono naturalmente i bar, ristoranti, supermercati e tutti quei negozi in cui i buoni si possono spendere. Il motivo è semplice: chi era obbligato a pagare una commissione superiore al 5% potrà tenersi dei soldi in più per ciascun buono pasto che riceve. L'unico timore, secondo Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet Confesercenti, è che le società che emettono i ticket cerchino di compensare in qualche modo il taglio delle commissioni. Ad esempio, prevedendo dei tempi più lunghi per il rimborso dei soldi incassati.

La riforma potrebbe anche avere l'effetto collaterale di spingere più esercizi ad accettare i buoni pasto. E questo porterebbe un vantaggio ai lavoratori dipendenti che ricevono i ticket dalle proprie aziende – circa 3,5 milioni di persone in Italia.

Buoni pasto e lavoratori: cosa aspettarsi da settembre 2025

Per chiarire: i dipendenti che spendono un buono pasto in un negozio non vedranno alcuna differenza diretta. Il valore in denaro resterà lo stesso, a prescindere dalla percentuale di commissioni. E il meccanismo per usarlo non cambierà. La differenza potrebbe essere – nell'ipotesi di Fiepet – che più esercizi commerciali trovino vantaggiosi i ticket, e quindi inizino ad accettarli come metodi di pagamento.

Un discorso diverso, invece, è quello del valore dei buoni pasto. Le società che compongono Anseb negli scorsi giorni hanno chiesto al governo che l'esenzione fiscale per i ticket salga da 8 a 10 euro. Oggi, infatti, i buoni sono considerati come misura di welfare e non vengono contati nel reddito tassabile del dipendente fino a un valore di 8 euro al giorno, se si parla di buoni elettronici. Visto che, però, il prezzo del cibo è aumentato parecchio negli ultimi anni, questa soglia spesso non è più sufficiente a coprire un pasto.

Se l'esenzione salisse a 10 euro, come avvenne nel 2020 quando fu portata da 7 a 8 euro, le aziende sarebbero spinte ad alzare l'importo dei buoni. E a beneficiarne sarebbero i dipendenti, che potrebbero avere più soldi a disposizione.

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