Quando Donald Trump ha rilanciato i dazi sulle importazioni cinesi, Nike è stata una delle prime grandi aziende a sentire il colpo. Con circa il 16% della sua produzione destinata al mercato USA ancora in Cina, il colosso dell’abbigliamento sportivo ha dovuto adattarsi rapidamente a un contesto di costi più elevati e incertezze geopolitiche.
📉 Risultati trimestrali: calo meno grave del previsto
Nel quarto trimestre fiscale 2025, Nike ha registrato un fatturato di 11,1 miliardi di dollari, in calo del 12% rispetto all’anno precedente, ma meglio delle attese degli analisti che stimavano un -14,9%. Tuttavia, gli utili hanno subito un brusco calo, segnando la peggior performance dal 2020, a causa dell’impatto dei dazi e di alcune scelte strategiche non ottimali.
🔄 Strategia di diversificazione produttiva
Per mitigare l’effetto dei dazi, Nike sta riducendo la sua dipendenza dalla produzione in Cina per il mercato statunitense, puntando a portarla sotto il 10% entro l’estate 2026. La produzione viene riallocata in paesi come Vietnam e Indonesia, dove i costi sono più contenuti. Inoltre, l’azienda ha adottato aumenti di prezzo per proteggere i margini senza perdere competitività, contando anche su un mercato dove i concorrenti stanno seguendo la stessa strada.
🏬 Ritorno al retail fisico e focus su segmenti chiave
Nonostante il calo delle vendite digitali (-26%) e all’ingrosso (-9%), i negozi fisici Nike mostrano segnali di ripresa con un +2% nelle vendite. Il CEO Elliott Hill ha rilanciato la strategia puntando su canali wholesale e segmenti sportivi specifici come running, basket e training, oltre a collezioni mirate che hanno riscosso successo immediato.
(Redazione)
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