Per i giovani lavoratori, il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta oggi non più solo un valido sostegno economico, ma anche una risorsa utile anche sul piano previdenziale.
Di recente è emersa infatti una proposta che prevede di utilizzare le somme accantonate nel TFR per rafforzare la propria pensione futura.
Una nuova "via" previdenziale, che però potrebbe non risultare vantaggiosa per tutti i lavoratori.
Vediamo nel dettaglio come funziona questa soluzione, e a chi potrebbe convenire.
Per saperne di più in merito all'argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di Lexplain.
Pensione anticipata grazie al TFR: al vaglio nuova soluzione per i giovani lavoratori
Durante l'evento di Affari&Finanza, al quale hanno partecipato anche il Presidente del’INPS Gabriele Fava e il Sottosegretario Claudio Durigon, è stata presentata una possibile misura per rafforzare la posizione previdenziale dei giovani, partendo proprio dal TFR.
Per chi non lo sapesse, il TFR è l'accantonamento delle quote trattenute annualmente dal datore di lavoro sullo stipendio del dipendente.
Oltre a restare in azienda, queste quote possono essere trasferite all’INPS o (su richiesta del lavoratore) essere destinate a un fondo pensione integrativo.
In sintesi, la proposta mira a trasformare il TFR già versato all'INPS in una rendita che consenta ai lavoratori di ritirarsi prima.
E quindi di diventare uno strumento utile per accedere a misure come la Pensione Anticipata Contributiva.
Pensione anticipata grazie al TFR: una misura per aumentare l'importo dell'assegno finale
Anche nel 2025, i lavoratori hanno la possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro presentando domanda per la Pensione Anticipata Contributiva.
Grazie a questa soluzione, i lavoratori possono andare in pensione non a 67 anni, ma direttamente a 64 anni. A condizione, però, di aver maturato almeno 25 anni di contributi.
E che il proprio montante contributivo (cioè la somma complessiva dei contributi versati) consenta di ottenere un assegno finale pari ad almeno tre volte l’assegno sociale (circa 1.600 euro mensili).
Una soglia comunque destinata a salire: dal 2030, infatti, il requisito passerà a 3,2 volte l’assegno sociale, innalzando il limite minimo a circa 1.700 euro mensili.
Una cifra notevole, soprattutto per chi ha avuto una carriera discontinua, segnata da disoccupazione, malattia o altri periodi senza contribuzione regolare (i cosiddetti "buchi contributivi”).
Integrare quindi il TFR al proprio montante potrebbe permettere di raggiungere questa soglia, ma tutto dipende dalla somma accumulata negli ultimi anni.

Pensione anticipata grazie al TFR: a chi conviene davvero?
Facciamo un esempio concreto. Un lavoratore con uno stipendio medio annuo di 25.000 euro ha maturato in 25 anni oltre 200.000 euro di contributi.
Se decidesse di uscire dal lavoro a 64 anni, vedrebbe applicarsi sul proprio montante un coefficiente di trasformazione del 5,088%.
Risultato: una pensione lorda annua di circa 10.500 euro, pari a poco più di 800 euro al mese. Praticamente la meta di quanto richiesto per andare in pensione con l'Anticipata Contributiva.
Per raggiungere l’importo necessario, occorrerebbe dunque raddoppiare il montante. Servirebbe in questo caso un TFR molto ricco, di circa 200.000 euro.
E dato che la quota di TFR per ogni anno di lavoro è pari alla retribuzione annua divisa per 13,5, con uno stipendio da 25.000 euro sarebbe impossibile raggiungere una cifra simile in soli 25 anni di lavoro.
Pertanto, la soluzione proposta potrebbe rivelarsi vantaggiosa solo per chi percepisce redditi elevati, tali da garantire sia una pensione pubblica più generosa, sia un TFR significativamente più consistente.