Pensioni più ricche a partire dal 2026? La risposta, per ora, è tutt’altro che scontata.
E questo perché, ad oggi, tutte le possibili misure incrementali dell'assegno previdenziale sono ancora al vaglio dell'Esecutivo.
Tra l'altro, anche nel caso di via libera da parte del Governo, non è affatto detto che tutti i pensionati ne trarranno beneficio.
Cerchiamo allora di fare chiarezza sulla situazione, e vediamo chi effettivamente potrebbe guadagnarci da questi (potenziali) aumenti.
Per saperne di più in merito all'argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di Mondo Pensioni.
Pensioni 2026, assegni più ricchi con il (potenziale) taglio dell'IRPEF
Tempo fa si è parlato di una proposta molto interessante per le pensioni, ovvero di ridurre il cuneo fiscale sugli assegni previdenziali, in modo da assicurare ai pensionati un importo netto più alto.
Come tutti sappiamo, la pensione è un reddito assoggettato all'IRPEF, un'imposta che prevede aliquote diverse a seconda degli scaglioni di reddito.
Proprio questi scaglioni sono stati modificati nel 2024, passando da quattro a tre:
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23% per redditi fino a 28.000 euro,
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35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro,
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43% per redditi superiori a 50.000 euro.
Con questa proposta si punterebbe per il 2026 a modificare ulteriormente scaglioni e aliquote IRPEF.
In particolare, si interverrebbe sul secondo e terzo scaglione, riducendo l’aliquota dal 35% al 33% per la fascia intermedia e ampliando la fascia superiore, che passerebbe da 50.000 a 60.000 euro.
Si avrebbe pertanto la seguente disposizione:
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23% per redditi fino a 28.000 euro,
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33% per redditi tra 28.000 e 60.000 euro,
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43% per redditi superiori a 60.000 euro.
Come è facilmente intuibile, ampliando gli scaglioni di reddito e abbassando l’aliquota si potrebbe ottenere un risparmio fiscale significativo.
E in effetti sarebbe così, ma ovviamente non per tutti.
Pensioni 2026, assegni più ricchi a partire dal prossimo anno? Forse, ma non per tutti
Dal momento che il taglio dell’IRPEF riguarderebbe soltanto il secondo e il terzo scaglione, il beneficio più consistente lo avrebbero solo i pensionati con redditi alti, tra i 50.000 e i 60.000 euro.
E questo perché, invece di pagare un’aliquota del 43%, si troverebbero a pagare il 33% su quella fascia di reddito.
Facendo due calcoli, su 10.000 euro di differenza reddituale, non pagherebbero più un’imposta di circa 4.300 euro, bensì di 3.300 euro, risparmiando così 1.000 euro.
A questa somma si aggiungerebbe anche il risparmio sul secondo scaglione. In tal caso, invece di un'imposta di 7.700 euro, andrebbero a pagare 7.260 euro, risparmiando così 440 euro.
In totale, il vantaggio fiscale ammonterebbe a circa 1.440 euro l’anno, equivalenti a circa 120 euro al mese in più di pensione (al netto ovviamente di aliquote comunali, regionali o altre imposte secondarie).
Per chi invece ha un reddito entro i 50.000 euro, il guadagno massimo sarebbe di circa 440 euro l’anno, ovvero poco più di 36 euro al mese.
Tutte cifre che al momento, ricordiamo, sono solo mere ipotesi, senza nulla di esecutivo e di garantito.

Pensioni 2026, assegni più ricchi con la rivalutazione (ma non per tutti)
Oltre all'ipotesi del taglio del cuneo, un altro possibile aumento della pensione è quello derivante dalla perequazione, ovvero dall’adeguamento annuale dell’importo dell’assegno all’inflazione.
Una misura garantita ogni anno, anche se ancora non si sa nulla né degli importi né di eventuali limitazioni.
Nell’ultima analisi, si è stimato un aumento compreso tra l’1,8% e il 2%, ovvero circa 18-20 euro lordi ogni 1.000 euro di pensione.
Ma questo riguarda soltanto chi mantiene l’importo entro quattro volte il trattamento minimo: salvo inversioni a U da parte dell'Esecutivo, anche nel 2026 saranno applicati i coefficienti di ricalcolo già adottati negli anni scorsi.
Gli stessi coefficienti che hanno portato a una riduzione significativa dell’aumento per i pensionati con assegni superiori a quattro volte il trattamento minimo.