Analisi Settimanale Mercati Finanziari - 08 Novembre 2025

Michele Clementi Michele Clementi - 08/11/2025 07:33

La Corte Suprema fa tremare i dazi di Trump.


La Corte Suprema degli Stati Uniti ha espresso forti dubbi sulla legittimità dei dazi imposti dall’amministrazione Trump, mettendo sotto pressione i mercati.

Durante l’udienza di mercoledì, diversi giudici — anche di area conservatrice — hanno contestato l’uso dell’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), legge del 1977 che consente misure straordinarie in caso di emergenze economiche. 

Al centro del dibattito, la questione se Donald Trump abbia ecceduto l’autorità concessa dal Congresso imponendo dazi generalizzati fino al 10% su tutte le importazioni.

“Il potere di imporre tariffe è un potere fiscale e commerciale, non un atto di guerra economica”, ha osservato uno dei giudici durante il dibattimento, segnalando il punto critico del contenzioso: fino a dove può spingersi l’Esecutivo senza un mandato legislativo chiaro?

Nonostante la composizione prevalentemente conservatrice della Corte, l’orientamento emerso è tutt’altro che compatto. Alcuni giudici repubblicani hanno ricordato la tradizione americana di ampia discrezionalità presidenziale nelle politiche di sicurezza e commercio, suggerendo la possibilità di una sentenza divisa. Altri, invece, hanno insistito sulla necessità di rispettare la “major questions doctrine”, secondo cui le decisioni di vasta portata economica devono basarsi su una delega esplicita del Congresso.

Donald Trump ha chiesto pubblicamente alla Corte di emettere una sentenza rapida, definendo “devastante” un eventuale verdetto contrario.

L’incertezza sulla sentenza, attesa tra dicembre e gennaio, ha spinto al rialzo i rendimenti dei Treasury a 10 anni, segnale di nervosismo sui mercati obbligazionari. Un verdetto sfavorevole all’esecutivo potrebbe inoltre aprire la strada a rimborsi miliardari e a un ridimensionamento dei poteri presidenziali in materia commerciale.

Il segretario al Tesoro Scott Bessent ha assicurato che l’amministrazione “è pronta a continuare la battaglia legale”. 

Per gli investitori, la vera partita si gioca ora nella Corte Suprema: una decisione negativa sarebbe vista come un duro colpo alla credibilità della politica economica americana.

Un verdetto restrittivo limiterebbe le ambizioni di Trump di gestire unilateralmente la politica commerciale americana; al contrario, una conferma dei suoi poteri rafforzerebbe il modello di un presidente-imprenditore, libero di usare i dazi come strumento geopolitico.

Mercato del lavoro Usa

Il Bureau of Labor Statistics (BLS) non ha potuto pubblicare il primo venerdì del mese il consueto Employment Situation Report di novembre a causa del parziale shutdown del governo federale, scattato dopo lo stallo al Congresso sul bilancio.

In assenza di questi dati, gli analisti e i mercati stanno utilizzando report privati come quello di Challenger, Gray & Christmas per valutare lo stato reale dell’economia americana — con risultati tutt’altro che rassicuranti.

Cosa dice il report

-Le imprese statunitensi hanno annunciato 153.074 tagli di posti di lavoro nel solo mese di ottobre 2025.

- Questo numero è +175% rispetto agli 55.597 annunciati nello stesso mese dell’anno precedente (ottobre 2024).

- È anche +183% rispetto ai circa 54.064 annunciati nel settembre 2025.

- Il cumulato da gennaio a ottobre 2025 è di 1.099.500 tagli annunciati, in aumento del 65% rispetto al totale nei primi dieci mesi del 2024 (664.839) e al livello più alto dal 2020.

- Il mese di ottobre in questione rappresenta il livello più alto per quel mese dal 2003, quando furono circa 171.874 annunci.

Quali settori sono stati più colpiti:

- Il settore Tecnologia ha guidato i tagli nel privato: 33.281 nel solo ottobre, molto più alti rispetto ai 5.639 del mese precedente.

- Il settore Magazzinaggio / Warehousing ha registrato 47.878 tagli nel mese, contro appena 984 nel mese precedente. Questo spunto indica sovracapacità e automazione.

Per quanto riguarda le motivazioni:

- "Cost-cutting” è la ragione principale indicata per ottobre (50.437 tagli)

- Intelligenza artificiale (AI) è la seconda motivazione più citata (31.039 tagli solo in ottobre)

Perché questi numeri sono significativi


- Il dato per ottobre è eccezionalmente alto comparato agli ultimi due decenni. Questo suggerisce che non si tratta solo di una flessione “normale” stagionale, ma di un’accelerazione nel fenomeno.

- Il fatto che settore tecnologico e automazione/AI emergano come cambiamenti nel modo in cui le imprese operano (efficienza, riduzione capitale umano, ecc.).

- Il forte aumento dei tagli insieme alla diminuzione o debolezza degli annunci di assunzione (le assunzioni annunciate fino a ottobre sono solo 488.077, in calo rispetto alle 750.333 dello stesso periodo nell’anno precedente)

Impatto sui mercati finanziari: il report ha contribuito a una frenata dei principali indici azionari USA, perché mette in dubbio la tenuta del mercato del lavoro e dell’economia in generale.

Curiosità:

Le elezioni di midterm negli Stati Uniti

Passato il primo anno del secondo mandato di Donald Trump, bisogna riconoscere che la sua presidenza, almeno finora, è stata un “successo” per la finanza e per i media: la Borsa americana continua a crescere e l’attenzione mediatica sul Tycoon non accenna a diminuire. Tuttavia, le recenti elezioni dei sindaci hanno lanciato un segnale politico importante.

I risultati mostrano infatti una netta avanzata dei Democratici nelle grandi aree urbane, mentre i Repubblicani conservano il controllo solo nei centri più tradizionalisti o suburbani:

  • Le città grandi e medie (New York, Boston, New Orleans, Lansing, Dearborn) hanno confermato il predominio democratico.
  • Le città più conservatrici o suburbane (Miami, Fort Worth, Omaha) restano a guida repubblicana.

Nel complesso, il Partito Democratico ha ottenuto la maggioranza dei voti complessivi e delle vittorie nei principali centri urbani americani del 2025, un dato che potrebbe preannunciare un cambio di umore politico nel Paese.

Non a caso, lo stesso Trump ha commentato ironicamente che, se il suo nome fosse comparso sulle schede, “l’esito sarebbe stato diverso”. Un segnale che il presidente è consapevole della sfida che lo attende: nel 2026 dovrà probabilmente concentrarsi di più sulla politica interna, riducendo il focus sulla scena internazionale.

Le elezioni di midterm

A novembre del prossimo anno si terranno le elezioni di midterm, ma la “giostra politica” inizierà molto prima, con mesi di campagna, dibattiti e primarie infuocate.

Come funzionano

  1. Primarie – si svolgono in primavera o estate e servono a scegliere i candidati ufficiali di ciascun partito (Democratico, Repubblicano o indipendente).
  2. Elezione generale (novembre) – i cittadini votano i candidati scelti dai partiti.
  3. Sistema maggioritario – vince chi ottiene più voti nel proprio distretto o stato (non è previsto un ballottaggio).
  4. Significato politico – le midterm sono considerate un referendum sul presidente in carica: se il suo partito perde seggi, il messaggio è chiaro — l’elettorato chiede un cambio di rotta.

Perché sono importanti

  • Controllo del Congresso: determinano chi guiderà la Camera dei Rappresentanti e il Senato, influenzando la capacità del presidente di approvare leggi o nominare giudici.
  • Equilibri locali: possono cambiare il volto politico di molti stati e città, ridefinendo il rapporto di forze tra governatori e amministrazioni locali.
  • Prospettiva futura: chi vince i midterm entra nelle presidenziali successive in posizione di vantaggio, con più risorse, consenso e slancio politico.

Considerazione finale

Le midterm del 2026 si preannunciano quindi come un test decisivo per Donald Trump e per l’intero Partito Repubblicano. Dopo la performance dei Democratici nelle città, il risultato di queste elezioni potrebbe non solo ridisegnare gli equilibri del Congresso, ma anche determinare il tono e la direzione della seconda parte del mandato presidenziale.

LA SETTIMANA IN BORSA

Settimana negativa su tutti i listini europei, asiatici e americani motivati da un mix di eventi che hanno coinvolto principalmente gli Stati Uniti, locomotiva finanziaria mondiale, tra cui: le elezioni vinte dai democratici, i dazi ritenuti incostituzionali, il mercato del lavoro in rallentamento, lo shtut down che persiste diventando il più lungo della storia americana, le tensioni con il Venezuela, le parole di alcuni esponenti della Fed che lasciano presagire una riunione senza taglio dei tassi a dicembre e infine, le prese di beneficio sui titoli che hanno guadagnato tanto dai minimi di Aprile.

Specifica Europa

I dati macroeconomici mostrano una economia manufatturiera area Euro ancora al palo in contrazione sotto il livello di 50, mentre fa molto meglio il settore dei servizi che dimostra una buona salute e fa da traino. Bene la Germania con ordini e produzione industriale in netto miglioramento.

Performance settimanali degli indici europei

I principali listini europei hanno chiuso in ribasso:

  • DAX (Germania): -1,62 %
  • CAC 40 (Francia): -2,10%
  • FTSE MIB (Italia): -0,60%
  • FTSE 100 (Regno Unito): -0,36%
  • EURO STOXX 50: -1,79%
  • MSCI Europe: -1,17%
  • EURO STOXX 600: -1,24%

Specifica Usa

Nonostante le trimestrali proseguono a gonfie vere e delle società che hanno comunicato gli utili ben l'83% ha fatto meglio delle aspettative, percentuale migliore da due anni a oggi, il mercato ha chiuso una delle peggiori settimane dell'anno.

Performance settimanale degli indici Usa e mondo

Anche i listini americani chiudono in negativo, solo la Cina è positiva:

  • S&P 500: -1,63%
  • Nasdaq: -3,04%
  • Russell 2000: -1,88%
  • MSCI World: -1,49 %
  • MSCI Emerging Market: -1,42%
  • MSCI China: +0,30%

Dati macro: 

Unico dato rilevante comunicato nonostante lo shut down è stato l'Ism che mostrato una economia a stelle e strisce a due velocità: il settore manufatturiero a 48.7, ben al di sotto delle aspettative di una crescita a 49,4 dal 49,1 precedente e quello dei servizi in crescita al 52,4 sopra le aspettative di 50,7 rispetto al 50 del mese di ottobre.

Analisi tecnica e valutazioni: 

Ci sono stati 34 massimi storici e tecnicamente gli indici sono bene impostati, ma quello che lascia perplessi è la poca partecipazione della maggioranza dei titoli alla festa. Il 40% dei titoli del Nasdaq sono in negativo da inizio anno, quasi il 50% nello S&P e addirittura il 60% nel Russel 2000 e questi dati sono stati calcolati al 31 ottobre. I mercati salgono ma con poca partecipazione.

Conclusioni

Doveva essere la finestra benigna tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre ed invece sembra che sia entrato solo vento gelido, la primavera indiana è già finita, ma è presto per accendere il riscaldamento? La ripresa nelle ultime ore dell'ultimo giorno della settimana degli indici americani fa ben sperare. La volatilità probabilmente rimarrà alta, anche perché l'assenza di dati macro e la stagione delle trimestrali ormai al termine lascerà gli investitori in balia degli umori degli influencer, di norma negativi su tutto e tutti. Meglio tapparsi le orecchie o legarsi come Ulisse all'albero maestro.

Prospettive per la prossima settimana

Si vedrà come si concretizzerà il rimbalzo se ci sarà, o meglio, quale sarà la partecipazione dei titoli che compongono il listino. Se saliranno i soliti noti mentre la maggioranza dei titoli scenderanno allora sarà un ulteriore brutto segnale, se invece ci sarà partecipazione allora la settimana ancora conclusa sarà ricordata come il solito buy on the deep che ha caratterizzato la maggior parte degli storni fisiologici degli ultimi due anni, ma ovviamente non siamo sicuramente in una situazione di occasione di acquisto.

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