Dal gennaio 2026 entrerà in vigore un nuovo meccanismo di recupero crediti che potrebbe interessare migliaia di lavoratori pubblici e pensionati. Il blocco stipendi e pensioni sarà automatico per chi percepisce redditi superiori ai 2.500 euro e possiede debiti fiscali sopra i 5.000 euro.
L’obiettivo della misura è garantire un recupero più efficiente dei crediti erariali, rafforzando la lotta all’evasione e incrementando le entrate dello Stato. Come funzionerà questo nuovo sistema? Chi sarà effettivamente coinvolto e quali conseguenze comporterà sulle buste paga e sulle pensioni? E quali strumenti saranno utilizzati dalla Pubblica Amministrazione per verificare i debiti dei contribuenti?
Scopriamolo insieme.
Prima però vi lasciamo al video YouTube di Piano Debiti su tutto quello che c'è da sapere sul pignoramento dello stipendio.
Come nasce il blocco stipendi e pensioni e perché è stato introdotto
Il blocco stipendi e pensioni si inserisce nel quadro della Legge di Bilancio 2025, che ha previsto strumenti più incisivi per il recupero dei crediti fiscali. L’intento è rendere più efficace la riscossione e ridurre l’evasione, estendendo a lavoratori e pensionati ciò che finora riguardava principalmente le imprese. L’articolo 48-bis del DPR 602/1973 consentiva alla Pubblica Amministrazione di sospendere pagamenti a società con debiti superiori ai 5.000 euro. Il nuovo comma 1-bis introduce lo stesso principio anche per i dipendenti pubblici e pensionati, creando un sistema automatico di trattenuta che interviene direttamente sulla busta paga o sulla pensione.
L’idea alla base della misura è semplice: ogni volta che lo Stato eroga un compenso o una prestazione, un controllo preventivo verifica la presenza di pendenze fiscali superiori alla soglia stabilita. Se il contribuente è inadempiente, l’importo necessario per saldare il debito viene trattenuto prima che il denaro arrivi al beneficiario. Questo approccio consente di ridurre i tempi e aumentare l’efficienza della riscossione senza interventi manuali da parte degli uffici dell’Erario.
Meccanismo operativo e soglie di applicazione del blocco stipendi e pensioni
Il funzionamento del blocco stipendi e pensioni prevede due passaggi principali. In primo luogo, si effettua una verifica preventiva sulle pendenze fiscali del beneficiario, inclusi tributi non pagati, multe e cartelle esattoriali. Se il debito supera i 5.000 euro, scatta il blocco automatico di una parte dello stipendio o della pensione. La trattenuta viene comunicata direttamente all’agente della riscossione, che provvede al recupero del credito.
Il meccanismo non si limita alla retribuzione ordinaria: eventuali indennità legate al rapporto di lavoro, comprese quelle percepite in caso di cessazione dell’impiego, rientrano nel calcolo. Tuttavia, solo chi percepisce un reddito superiore ai 2.500 euro mensili sarà soggetto al blocco. I contributi previdenziali e le somme minime vitali restano protetti dalle regole di pignorabilità, così da garantire la continuità minima del sostentamento.
Chi sarà coinvolto e quali effetti sulle entrate statali
Secondo le stime, il blocco interesserà circa 250.000 dipendenti pubblici e pensionati, con un recupero previsto di circa 36 milioni di euro già nel 2026. A regime, le entrate potrebbero raggiungere fino a 90 milioni l’anno. La misura si applicherà esclusivamente ai soggetti con redditi e debiti sopra le soglie indicate, mentre chi percepisce meno continuerà a ricevere stipendio e pensione integralmente.
Il blocco stipendi e pensioni rappresenta quindi un intervento mirato, volto a garantire maggiore efficienza nella riscossione dei crediti fiscali e a proteggere le casse dello Stato, senza colpire indiscriminatamente tutti i lavoratori o pensionati. In questo modo, la Pubblica Amministrazione ottiene uno strumento automatico, trasparente e rapido, capace di ridurre l’evasione e assicurare un gettito stabile negli anni a venire.