Dal 1° settembre 2025 i Buoni Pasto entreranno in una nuova fase destinata a cambiare gli equilibri tra società emittenti, aziende e attività commerciali. La novità più importante è l’introduzione di un tetto massimo del 5% alle commissioni che i ristoranti, i bar e i supermercati pagano per accettare i ticket. Una misura che, almeno sulla carta, dovrebbe alleggerire i costi per gli esercenti e rendere più sostenibile la diffusione dei Buoni Pasto, già largamente utilizzati come forma di welfare aziendale.
Ma se da un lato i commercianti salutano la norma come una vittoria, dall’altro le società che gestiscono i Buoni Pasto parlano di un provvedimento “anticoncorrenziale”, che rischia di scaricare i costi sulle imprese e, di riflesso, sui lavoratori.
Cosa cambierà davvero con il nuovo tetto alle commissioni? Quali effetti avranno queste regole per i commercianti? E i dipendenti rischiano davvero un taglio ai benefici aziendali? Scopriamolo insieme.
Prima però vi lasciamo al video YouTube di Il Sole 24 ORE su come funzionano i Buoni Pasto in Italia.
Le novità sui Buoni Pasto dal 1° settembre 2025
Con l’approvazione del DDL Concorrenza, il sistema dei Buoni Pasto si prepara a un cambiamento importante: le commissioni applicate dalle società emittenti agli esercenti non potranno superare il 5% del valore del ticket. La regola era già in vigore nel settore pubblico, ma dal 1° settembre 2025 verrà estesa anche al privato, ponendo così fine a una disparità che molti commercianti ritenevano insostenibile.
Tutti i contratti in essere dovranno adeguarsi entro il 31 agosto 2025. I Buoni già emessi continueranno a seguire le vecchie condizioni fino al 31 dicembre dello stesso anno, ma dal 1° gennaio 2026 il tetto sarà universale. La misura vale sia per i Buoni Pasto cartacei che per quelli elettronici, e l’obiettivo dichiarato dal legislatore è dare più respiro agli esercizi commerciali, incentivandoli ad accettare i ticket senza subire margini troppo ridotti.
Buoni pasto: questi gli effetti sui commercianti
Per i commercianti, la riforma dei Buoni Pasto rappresenta un cambio di passo atteso da anni. Fino a oggi, infatti, molti ristoratori lamentavano che le commissioni troppo elevate (in alcuni casi superiori al 10%) erodevano gran parte dei guadagni, al punto da spingerli a rifiutare i ticket o ad accettarli con riluttanza.
Con il nuovo tetto del 5%, bar, ristoranti e supermercati potranno contare su margini più stabili, senza dover temere che i costi di gestione superino i benefici. Questo potrebbe tradursi in un aumento del numero di esercizi disponibili ad accettare i Buoni Pasto, migliorando la fruibilità per i lavoratori che spesso si trovavano con poche opzioni.
Le associazioni di categoria, hanno accolto con favore la misura sottolineando che “il mercato sarà più sano e competitivo”. Non solo: in un contesto in cui la spesa media al bar o al ristorante è aumentata, la maggiore diffusione dei Buoni Pasto potrebbe spingere ulteriormente i consumi, con un impatto positivo per l’intero settore della ristorazione.
I possibili impatti sui lavoratori e sul welfare aziendale
Se gli esercenti festeggiano, le società che emettono i Buoni Pasto alzano invece un cartellino rosso. Secondo l’Anseb, l’associazione che riunisce i principali operatori del settore, il tetto al 5% rischia di generare costi nascosti per le aziende che acquistano i ticket da offrire ai dipendenti.
Il meccanismo è semplice: le società emittenti vendono i Buoni alle imprese con uno sconto rispetto al valore nominale e recuperano i margini attraverso le commissioni. Con la riduzione di queste ultime, potrebbero ridurre lo sconto concesso alle aziende, aumentando i costi per chi fornisce i ticket ai propri dipendenti.
Di fronte a una spesa più elevata, molte imprese potrebbero decidere di rimodulare i budget per il welfare aziendale.
Il rischio, insomma, è che la riforma finisca per avere effetti indiretti proprio sui lavoratori, il cui potere d’acquisto potrebbe subire un ridimensionamento.