Dal 2028 diverse categorie di lavoratori saranno costrette ad andare in pensione più tardi rispetto ad oggi.
Alcune di queste addirittura ancora più tardi: la bozza di Manovra prevede infatti per loro un innalzamento dell?età pensionabile molto più drastico rispetto a quanto stabilito per la maggior parte dei lavoratori.
Una vera e propria beffa, aggravata inoltre dal fatto che probabilmente toccherà lavorare qualche mese in più per potersi ritirare con una pensione decente.
Per saperne di più in merito all'argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di DIGITAL CDL: lavoro, paghe, fisco, pensioni.
Pensioni, sei mesi in più dal 2028 per questi lavoratori
In base all?articolo 42 della bozza di Legge di Bilancio, "in via aggiuntiva a quanto previsto dall?articolo 43, è stabilito un ulteriore incremento di tre mesi dei requisiti di accesso al sistema pensionistico inferiori a quelli vigenti nell?assicurazione generale obbligatoria".
Tradotto: a partire dal 2028 questi lavoratori dovranno attendere complessivamente sei mesi in più per accedere alla pensione di vecchiaia e a quella anticipata.
In particolare, "il personale militare delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, nonché del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco", come precisa sempre l'articolo 42.
Salvo un ritiro o una modifica della norma da parte del Governo, dal 1 gennaio 2028 il personale della sicurezza (e non solo) dovrà raggiungere i seguenti requisiti:
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per la pensione di vecchiaia, toccherà avere non più 67 anni ma 67 anni e 6 mesi;
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per la pensione anticipata, serviranno non più 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne) ma 43 anni e 4 mesi (42 anni e 4 mesi per le donne).
Requisiti che, tra l'altro, cambieranno ulteriormente con il prossimo ricalcolo del sistema pensionistico.
Pensioni, requisiti destinati a salire nei prossimi anni
Come è ben noto, l'attuale normativa previdenziale (riforma Fornero) prevede l'adeguamento automatico dei requisiti pensionistici all?aumento dell?aspettativa di vita.
Salvo un?improvvisa inversione di tendenza, se l?aspettativa di vita dovesse continuare ad aumentare in modo costante, i requisiti previdenziali potrebbero diventare ancora più penalizzanti rispetto a quelli già fissati per i prossimi anni.
Secondo alcune stime, si potrebbe arrivare addirittura a 70 anni per la pensione di vecchiaia, o a 45 anni di contributi per l'anticipata.
E non è detto che ci saranno degli esclusi come oggi. Ricordiamo che lo scatto previsto dal 2027 non vale per i lavoratori che rientrano nei requisiti per l?accesso all?Ape Sociale, ovvero i titolari di lavori gravosi e usuranti.

Pensioni, non solo requisiti: per ritirarsi prima servirà anche lavorare di più
E fosse solo il problema dei requisiti di accesso: secondo un?analisi della CGIL l?adeguamento automatico legato all?aspettativa di vita penalizzerà inoltre i lavoratori con carriere discontinue e redditi bassi, appunto quelli che faticano a maturare una contribuzione piena.
Le simulazioni dell?Osservatorio previdenza della CGIL, basate sulle regole in vigore nel 2025, mostrano che per vedersi riconosciuto un anno contributivo serve una retribuzione minima di 12.551 euro annui. Sotto questa soglia, anche un anno di lavoro può non valere integralmente ai fini pensionistici.
Secondo la CGIL, con retribuzioni molto basse dal 2028 sarà necessario lavorare settimane o mesi in più solo per compensare l?aumento deciso dal Governo, e negli anni successivi l?effetto diventerà ancora più pesante.
"Per chi percepisce 8.000 euro l?anno, i 3 mesi in più del 2028 significano circa un mese e una settimana aggiuntivi di lavoro; nel 2029, con l?aumento a 5 mesi, serviranno almeno altri due mesi; nel 2040, per recuperare i 13 mesi stimati di aumento, saranno necessari quasi 5 mesi di lavoro ulteriore; e nel 2050, con +23 mesi previsti, si dovranno aggiungere oltre 8 mesi di lavoro ai 13 mesi già stimati", spiega Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della CGIL nazionale.