Nel 2027 dovrebbe scattare l?adeguamento automatico dell?età di pensionamento alla speranza di vita, come previsto dalla Legge Fornero.
Appunto, "dovrebbe?. Da mesi il Governo lavora per posticipare questo scatto, ma ancora oggi resta aperto il nodo delle risorse da destinare nella Manovra di Bilancio per congelare l?aumento.
Risorse che potrebbero gravare pesantemente sulle casse dello Stato, e con il rischio che, a lungo termine, l?operazione si riveli onerosa anche per i lavoratori.
Vediamo più nel dettaglio la situazione, cosa cambierebbe per i lavoratori, e quali rischi potrebbero profilarsi.
Per saperne di più in merito all'argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di Herry Br.
Pensioni, ipotesi stop aumento dell'età di ritiro
Come già anticipato tempo fa, a partire dal 2027 è previsto un incremento di almeno 3 mesi dell?età di uscita (per la Pensione di Vecchiaia) e degli anni di contributi da versare (per la Pensione Anticipata).
Il Governo, tuttavia, vuole evitare questo aumento, puntando a un rinvio dello scatto.
Come riporta SKY TG24, il Ministro dell?Economia Giancarlo Giorgetti ha fatto sapere che l?adeguamento dovrebbe essere rimandato, almeno di due anni.
Si tratta però di una mossa lungi dall?essere gratuita: la Ragioneria Generale dello Stato ha infatti stimato che un rinvio del genere potrebbe costare dai 300 milioni a un miliardo di euro.
E questo solo per posticipare di due anni l?aumento, lasciando comunque attivo il meccanismo di adeguamento automatico così come stabilito dalla Legge Fornero.
Sempre secondo SKY TG24, l'Esecutivo targato Meloni valuterebbe non solo il rinvio, ma anche la possibile cancellazione del meccanismo, insieme a una revisione delle uscite anticipate, come la Pensione Anticipata Contributiva.
Pensioni, cosa cambierebbe con lo stop all'aumento dell'età di ritiro
A livello previdenziale, lo stop all?aumento comporterebbe il congelamento degli attuali requisiti di uscita, ossia:
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67 anni di età per la Pensione di Vecchiaia;
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42 anni e 10 mesi di contributi per l?uscita anticipata dei lavoratori;
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41 anni e 10 mesi di contributi per l?uscita anticipata delle lavoratrici.
Ma questo solo per due anni: a partire dal 2029, lo scatto tornerebbe a profilarsi all?orizzonte.
Se il Governo non interviene sul meccanismo, nei prossimi decenni la soglia pensionistica continuerà a salire a causa del progressivo invecchiamento della popolazione.
Secondo le proiezioni, con incrementi di due-tre mesi ad ogni scatto, già nel 2040 per ritirarsi potrebbero essere necessari 68 anni di età per l?uscita ordinaria o quasi 43-44 anni di contributi per quella anticipata.
E non sarebbe nemmeno l?unico rischio che i lavoratori potrebbero affrontare.

Pensioni, i rischi dello stop all'aumento dell'età di ritiro
Oltre all?elevato costo per le casse dello Stato, la cancellazione del meccanismo di adeguamento automatico potrebbe comportare una riduzione dell?assegno: fino al 9% per i dipendenti e al 7,9% per gli autonomi, secondo la Ragioneria Generale dello Stato.
La ragione risiederebbe nell?eventuale squilibrio tra l?aspettativa di vita effettiva e i coefficienti di trasformazione applicati al montante contributivo.
In condizioni normali, questi due fattori si equilibrano: più tardi si va in pensione, più contributi si accumulano, aumentando così l'importo dell?assegno.
Contemporaneamente, i coefficienti ne modulano l?importo in base all?aspettativa di vita: più questa si allunga, più l?assegno si riduce, anche per chi va in pensione a un?età più avanzata.
Se il primo meccanismo viene bloccato, il secondo dovrà essere adattato di conseguenza, altrimenti continuerà a "spalmare? l?assegno nel tempo, riducendo l'importo della pensione anche a chi esce a 67 anni.
Resta quindi da vedere come il Governo riuscirà a introdurre questo blocco senza appesantire ulteriormente il sistema previdenziale. E senza penalizzare le pensioni dei lavoratori futuri.