La borsa esiste per sorprendere la maggior parte degli investitori

Gaetano Evangelista Gaetano Evangelista - 24/06/2025 10:00

Il 75% del greggio che attraversa lo Stretto di Hormuz è destinato ai mercati asiatici. Questo spiega il silenzio di Pechino e la reazione composta dei mercati finanziari occidentali. In borsa, permane l'atteso consolidamento di giugno.

Gli occhi di tutti sono oggi puntati sulle reazioni dei mercati finanziari all’indomani dell’attacco – a sorpresa, ma non troppo – degli impianti di arricchimento a scopo bellico dell’uranio in Iran da parte degli Stati Uniti. La prima risposta, proveniente dalla borsa di Tel Aviv è stata prevedibilmente confortante, ma non fa testo.
I primi scambi della nuova settimana evidenziano movimenti contenuti da parte dei future sugli indici americani e del dollaro; con petrolio in rialzo non eccezionale ed oro in ripiegamento. Tutto sommato una reazione contenuta: come se gli operatori stessero continuando indisturbati a lavorare al consolidamento delle posizioni dopo i due mesi rocamboleschi successivi al minimo dell’8 aprile.

Naturalmente l’attesa di tutti è per la portata della reazione degli ayatollah. Certo un paio di anni fa il coinvolgimento dell’Iran era da tutti considerata la red line in grado di fare esplodere il Medio Oriente e di trascinare il mondo intero in una pesante recessione. Nulla di ciò è occorso, con gli analisti di cose geopolitiche che formulano tre differenti scenari: attacco alle posizioni americane in Iraq; attacco alle basi USA in Qatar e Bahrein; interdizione alla navigazione dello Stretto di Hormuz.
Nel primo caso l’atto dovuto, quasi di cortesia, non conoscerebbe repliche e la questione si chiuderebbe lì. Nel secondo caso l’amministrazione Trump con ogni probabilità replicherebbe, perpetuando un botta e risposta dagli esiti imprevedibili per i mercati. Nel terzo caso la reazione americana sarebbe veemente e troverebbe la silenziosa approvazione della Cina, visto che da lì passa il 75% del petrolio destinato in Asia, e soltanto il 15% del greggio venduto all’Occidente.

La previsione di molti è che i listini azionari subiranno oggi e nelle prossime settimane un duro contraccolpo. Tuttavia, ora che il mitico eccezionalismo americano strombazzato sei mesi fa sugli outlook delle case di investimento, risulta saggiamente messo da parte, si rileva un recupero di forza relativa delle piazze americane che ha raggiunto e superato un punto di rottura: in particolare il rapporto fra listini europei e Wall Street, pur in termini total return, ha neutralizzato la rottura verso l’alto apprezzata all’inizio dell’anno. 
La convinzione di una ritrovata quanto inedita leadership delle borse del Vecchio Continente, emersa con forza nell’ultimo Fund Manager Survey di BofA, sta andando incontro ad una clamorosa smentita.

Gaetano Evangelista - www.ageitalia.net

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