Guerra commerciale: sviluppi in attesa delle trattative tra Trump e Cina
In attesa dell'inizio delle contrattazioni tra il Presidente Donald Trump e la Cina, previste per il fine settimana a Ginevra in Svizzera, la tensione sui dazi resta alta. Trump, che aveva innalzato le tariffe doganali contro Pechino fino al 145%, ricevendo in risposta dazi cinesi al 125%, ha rilanciato sui social con una dichiarazione provocatoria:
«L'80% di dazi sulla Cina sembra giusto. Decide Scott B.»
Un riferimento a Scott Bessent, attuale Segretario del Tesoro, che molti si chiedono se sarà davvero l'artefice delle politiche economiche o il prossimo capro espiatorio.
Nel frattempo, è stato raggiunto un primo accordo commerciale significativo con il Regno Unito, proprio nel giorno in cui si commemorano gli 80 anni dall'annuncio di Winston Churchill sulla fine della Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, per Londra non si tratta di una vittoria netta.
I dazi restano fissati al 10%, con alcune importanti eccezioni:
- Eliminazione dei dazi del 25% su acciaio e alluminio britannici.
- Riduzione dell'aliquota dal 27,5% al 10% per l’esportazione di 100.000 automobili britanniche (nel 2024 ne sono state esportate 101.000).
- Esenzione dai dazi doganali per i motori Rolls Royce destinati agli aerei Boeing.
- Previsto un maxi-acquisto britannico di aeroplani Boeing per un valore di 10 miliardi di dollari.
In cambio, il Regno Unito si impegna a ridurre diverse barriere non tariffarie che ostacolavano le esportazioni statunitensi, tra cui:
- Importazione annuale di 13.000 tonnellate di carne bovina americana, nonostante il trattamento con sostanze considerate cancerogene in Europa.
- Azzeramento dei dazi su etanolo e su tutti i prodotti agricoli statunitensi.
- Riduzione dell’aliquota su tutti gli altri beni americani dal 5,1% all’1,8%.
In attesa del comunicato ufficiale con i dettagli dell’accordo, è lecito chiedersi se Churchill oggi ripeterebbe davvero la sua celebre frase: «Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.»
Riunione della FED: tassi invariati, ma lo spettro dei dazi pesa sulle prospettive
Tutti e dodici i membri del Comitato della Federal Reserve hanno votato all’unanimità per mantenere invariato l’intervallo obiettivo per il tasso sui fondi federali, che resta compreso tra il 4,25% e il 4,5%. Nel comunicato ufficiale, la FED ha ribadito il proprio impegno a monitorare attentamente le nuove informazioni economiche, sottolineando che le future decisioni terranno conto di un’ampia gamma di fattori: dalle condizioni del mercato del lavoro alle pressioni inflazionistiche, dalle aspettative sull’inflazione agli sviluppi finanziari e geopolitici internazionali.
A rassicurare i mercati è stato soprattutto il tono iniziale del comunicato, che ha attenuato i timori emersi dopo il deludente dato sul PIL del primo trimestre 2025, sceso dello 0,3%. Una contrazione legata in gran parte al deterioramento della bilancia commerciale, sbilanciata verso l’import a causa dell’aumento degli acquisti esteri da parte delle imprese statunitensi, nel tentativo di anticipare l’introduzione di nuovi dazi.
Il documento della FED riconosce l’impatto delle importazioni nette sui dati economici, ma sottolinea che «gli indicatori recenti suggeriscono che l'attività economica ha continuato a espandersi a un ritmo sostenuto. Il tasso di disoccupazione si è stabilizzato su livelli bassi negli ultimi mesi (4,2%) e le condizioni del mercato del lavoro restano solide. L'inflazione rimane relativamente elevata (2,9%).»
Alla luce di queste considerazioni, le aspettative degli analisti per un taglio dei tassi già alla prossima riunione del 18 giugno sono crollate: dal 60% stimato un mese fa al 17% attuale. Per il meeting di luglio, invece, le probabilità sono ancora incerte, in attesa che si definisca il contesto della guerra commerciale in corso.
Il presidente Jerome Powell ha chiarito che la FED è pronta ad adattare la propria politica monetaria se dovessero emergere rischi in grado di compromettere gli obiettivi di piena occupazione e stabilità dei prezzi. Un messaggio interpretato come un possibile cambio di rotta: se l'inflazione dovesse essere alimentata dai dazi, non si esclude un rialzo dei tassi, in netto contrasto con i tre tagli previsti dai mercati nei primi sei mesi dell'anno fino addirittura a cinque per dicembre.
Curiosità:
Nel fine settimana, a Ginevra, in Svizzera – terra storicamente neutrale – andrà in scena il primo incontro ufficiale tra Stati Uniti e Cina per discutere delle reciproche barriere commerciali. Si parte da un 145% a 125% per gli Stati Uniti. Si preannuncia un vero match diplomatico, con i due giganti mondiali pronti a misurarsi su economia, strategia e visione del futuro.
Gli Stati Uniti: in pantaloncini a stelle e strisce
A rappresentare Washington sarà Scott Bessent, classe 1962, imprenditore miliardario ed ex gestore di hedge fund. Figura di spicco nel mondo della finanza, Bessent ha fatto parte dell'entourage di George Soros per oltre vent’anni, dal 1991 al 2015, ricevendo da lui un investimento iniziale di 2 miliardi di dollari per fondare la Key Square Group. Un fondo che oggi gestisce circa un quarto del patrimonio iniziale, con 577 milioni di dollari. Un ridimensionamento che solleva interrogativi: cattiva gestione o strategia? Nel 2017 il fondo aveva raggiunto i 5 miliardi, restituendo poi i 2 miliardi a Soros.
La Cina: pantaloncini rossi e sguardo strategico
Per Pechino scende in campo He Lifeng, nato nel 1955, economista e politico di lungo corso. È vicepremier della Cina dal marzo 2023 e membro del Politburo del Partito Comunista Cinese dal 2022. Braccio destro di Xi Jinping negli affari economici, He guida l’Ufficio della Commissione Centrale per gli Affari Finanziari ed Economici del PCC, In passato, ad inizio carriera, ha lavorato per 25 anni nella provincia del Fujian – come lo stesso Xi – stringendo con lui un rapporto personale così stretto da partecipare anche al suo matrimonio, secondo alcune fonti.
Supervisiona la Banca Popolare Cinese e il nuovo super-organismo di controllo finanziario, con l’obiettivo di rilanciare i consumi interni, spingere sull’intelligenza artificiale, l’e-commerce, i big data e le energie rinnovabili.
Chi vincerà?
Da un lato, il pragmatismo finanziario americano; dall’altro, la visione centralizzata cinese. Il ring è pronto, i contendenti pure. A decidere, forse, non sarà solo la forza, ma speriamo anche il buon senso.
LA SETTIMANA IN BORSA
Si sono fermate a 9 le giornate consecutive al rialzo in America, ma sono sufficienti per fare scattare un pattern piuttosto raro con un rialzo maggiore del 9% in dieci giorni che generalmente si configura sui minimi o durante un forte bear market in occasione dei rimbalzi. Dove ci troviamo ora? Altre considerazioni allontanano l'ipotesi di trovarci in un bear market, il peggio sembra essere alle spalle, Trump permettendo.
Standard & Poor ha confermato il rating AAA alla Germania, nonostante il piano strategico da 500 miliardi da spendere in infrastrutture nei prossimi 12 anni (possono permetterselo con un debito pubblico al 62% e darà spinta all'economia). In questo contesto l'Europa rimane più forte degli Stati Uniti e questo è sicuramente un aspetto psicologico importante in occasione dei futuri incontri Usa - Euro per valutare gli accordi commerciali nelle prossime settimane. Infatti, gli indici area euro sono a un passo dai rispettivi massimi storici.
- DAX: +1,77%
- CAC: -0,34%
- FTSE MIB: +2,72%
- Londra: -0,48%%
- Euro Stoxx 50: +0,45%
- MSCI Europe: +0,33%
Orsi e Tori
I mercati azionari hanno riassorbito il crash del "liberation day" del 2 Aprile, quando la volatilità aveva misurato un panic selling con pochi precedenti facendo salire il Vix a valori tali che diversi pattern anticipavano un minimo imminente e maggiore serenità a venire nei prossimi anni per chi ne avesse approfittato, ora sempre il Vix, l'indice della paura che misura il costo per chi vuole coprirsi dai crolli del mercato azionario si è ridimensionato di quasi il 50% dai suoi massimi in sole 4 settimane come è accaduto una solo volta nei 30 anni passati. La tabella dei ritorni a sei e cinque anni sono estremamente incoraggianti.
- S&P 500: -0,47%
- Nasdaq: -0,27%%
- Russell 2000: +0,20%
Fed e tassi di interesse
Se gli investitori si aspettavano ben cinque tagli dei tassi di interesse nei prossimi mesi devono ora fare i conti con Powell che indispettito dalla guerra commerciale rimane alla finestra, come anche tutti i manager chiamati a comunicare i dati trimestrali della propria azienda il cui dato è incoraggiante con margini di profitto al 12% in media sul 70% della totalità delle società che hanno già comunicato i risultati, ma che hanno utilizzato la parola dazi nel 93% dei casi, o incertezza nell'87% dei comunicati e addirittura recessione per un terzo degli intervistati.
A soffrire di questo quadro internazionale sono sicuramente le piccole e medie aziende, non aiutate dal governo con eccezioni varie e meno forti per trovare soluzioni veloci ai cambi di rotta dell'equilibrio internazionale nel cercare mercati alternativi.
Il Quadro Tecnico degli Indici Americani
Molti investitori guardano al proprio portafoglio non riscontrando il rimbalzo avvenuto sugli indici americani, purtroppo la debolezza del dollaro ha in parte annullato questo recupero o forse è meglio dire che ha contribuito al ribasso. Ora sia gli indici a tutti i time frame - un giorno, una settimana e mensile - si trovano sulle rispettive medie mobili a un anno, mentre il dollaro cerca un timido rimbalzo dopo aver perso oltre il 10% uscendo da un canale che aveva contenuto le flessioni negli ultimi tre anni. Potrebbe nel breve riacquisire forza, ma sembra destinato a cedere sulla volontà di Trump di svalutare il dollaro per aumentare le barriere in entrata e stimolare le esportazioni. In questo contesto Bitcoin tornato a 100 mila dollari sembra essere il rifugio ideale per il biglietto verde o almeno per la prima volta nella sua storia si sta delineando come bene rifugio.
Prospettive per la Prossima Settimana
Certamente siamo nella mani di Trump, sperando che il nuovo Papa possa donargli la pace interiore di cui sembra aver bisogno, già il fatto che non vada lui a trattare con i cinesi è un bel segnale, sarebbe imbarazzante una nuovo scenetta come quella del primo incontro con Zelensky, anche se in questo caso l'avversario ha già mostrato i suoi muscoli e determinazione a rispondere colpo su colpo.
In ogni caso, anche la guerra tra orsi e tori è forte, l'incertezza potrebbe premiare i ribassisti perché si sa che i mercati amano poter fare previsioni accurate riguardo al futuro applicando i numeri ai modelli ed algoritmi, ma un accordo o comunque una distensione internazionale prenderebbe in contropiede chi è posizionato al ribasso richiamandolo a chiudere le posizioni invertendole al rialzo facendo salire i mercati. Credo che questo avverrà, ma non nel breve termine, ci saranno settimane di altalena, anche perché si dovrà fare i conti anche con chi segue fedelmente la regola del sell in may and go away, ma forse questo volta la volatilità tipicamente estiva è già passata e il cielo si sta rasserenando.