L’Isee, l’indicatore della situazione economica equivalente, è lo strumento che stabilisce chi ha diritto a una lunga lista di agevolazioni. Dalla retta universitaria al bonus nido, fino agli incentivi per le famiglie, l’Isee fotografa non solo il reddito, ma anche il patrimonio dei nuclei familiari. Negli ultimi mesi il governo ha avviato un lavoro per renderlo più equo e soprattutto più “amico” dei cittadini. Perché ottenere un bonus non deve significare perdere un altro.
Come cambieranno le regole con la riforma? In che modo l’assegno unico dialogherà con gli altri incentivi? Quali prospettive si aprono per le famiglie con figli e per le mamme lavoratrici?
Prima di approfondire insieme il discorso, vi lasciamo al video YouTube di Insindacabili sui contributi richiedibili nel 2025 dalle famiglie con un Indicatore della Situazione Economica Equivalente basso.
Riforma Isee: addio ai bonus che si annullano tra loro
Il primo punto fermo riguarda la compatibilità. Lo ha chiarito la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella nell’Aula di Montecitorio a una interrogazione di Noi Moderati: ogni nuova prestazione deve convivere con quelle già esistenti, senza creare effetti a catena che penalizzano chi ha più bisogno. Una svolta importante rispetto al passato, quando ricevere un contributo poteva ridurre o annullare il valore di un altro.
Il caso più evidente riguarda l’assegno unico universale. Da oggi la somma erogata per ogni figlio non ostacola l’accesso ad altri sostegni. Non solo. Lo stesso principio varrà per l’assegno di inclusione, per il bonus nido e per il contributo destinato ai nuovi nati. In pratica, si mette fine a quei cortocircuiti burocratici che rendevano incerto e poco trasparente il sistema delle agevolazioni.
È un cambio di prospettiva che punta a premiare la coerenza: se lo Stato aiuta una famiglia, quell’aiuto non deve trasformarsi in una barriera all’ingresso per altre misure.
Bonus mamme, nascite in montagna e sostegni territoriali
Il secondo capitolo della riforma riguarda le nuove agevolazioni già annunciate. Spicca il bonus mamme lavoratrici, un assegno una tantum da 480 euro netti che arriverà in busta paga a fine anno. La platea è definita: madri con un reddito Isee fino a 40mila euro. Anche qui vale la regola d’oro della compatibilità. Il bonus non riduce l’importo dell’assegno unico né di altre prestazioni collegate.
In parallelo si accendono i riflettori sulle aree interne e montane. La legge sulla montagna, approvata di recente, introduce un sostegno economico per le nascite in territori a rischio spopolamento. Anche questo incentivo non inciderà sull’Isee e non escluderà altri bonus. È una scelta politica precisa: incentivare chi decide di restare o trasferirsi in zone periferiche, senza sottrarre altri diritti.
Non mancano poi gli interventi già in vigore. Dallo scorso anno titoli di Stato, buoni fruttiferi postali e libretti fino a 50mila euro a famiglia non vengono più conteggiati nell’Isee. Una mossa che amplia le opportunità di accesso a chi ha piccoli risparmi accumulati negli anni, senza per questo essere realmente “ricco”.
La questione Isee sulla casa e le proposte in arrivo
Resta però aperto il nodo della prima abitazione. Oggi il valore della casa principale è escluso dall’Isee fino a 52mila euro. Superata quella soglia, pesa per i due terzi del valore eccedente. Una regola che molti considerano penalizzante.
Il vicepremier Matteo Salvini ha rilanciato la proposta di escludere del tutto la prima casa dal calcolo. L’argomento non è nuovo e trova consensi anche tra associazioni familiari e alcune forze parlamentari. L’idea di fondo è che acquistare un appartamento con sacrifici non debba tradursi in una riduzione dei diritti sociali.
Parallelamente si discute sul quoziente familiare, un sistema che divide il reddito complessivo per il numero dei componenti del nucleo, con l’obiettivo di rappresentare meglio i carichi familiari. Sul tavolo tecnico incaricato di rivedere l’Isee sono già partite simulazioni e verifiche. I tempi restano incerti, ma la direzione appare tracciata: più equità e meno penalizzazioni.
Intanto l’Inps fotografa l’andamento delle misure già operative. L’assegno unico universale, da gennaio a luglio 2025, ha portato nelle tasche delle famiglie 11,5 miliardi di euro. In tre anni la cifra complessiva ha superato i 60 miliardi, con un importo medio a luglio pari a 172 euro per figlio. I numeri confermano che la misura è ormai una colonna portante del welfare italiano.