Ogni volta che si parla di Manovra, la parola “patrimoniale” riemerge come un’eco del passato. L’idea di tassare la ricchezza – quella reale, fatta di case, conti correnti e titoli finanziari – divide l’Italia da decenni, alimentando paure, ideologie e promesse politiche. Con la Manovra 2026, il dibattito si è riacceso dopo la proposta di un “contributo di solidarietà” sui grandi patrimoni. La premier Giorgia Meloni ha subito escluso ogni ipotesi di nuova imposta, ma il tema resta sul tavolo, soprattutto in un momento in cui lo Stato cerca risorse per sostenere la crescita e contenere il debito pubblico.
Ma cos’è davvero una patrimoniale? In che modo funzionerebbe oggi? E soprattutto: c’è davvero il rischio che venga introdotta nella Manovra 2026? Scopriamolo insieme.
Prima però vi lasciamo al video YouTube di Will Media su cos'è la patrimoniale e come funziona.
Cos’è la patrimoniale e come funziona in Italia
La patrimoniale è un’imposta che colpisce il patrimonio complessivo di persone fisiche o giuridiche, includendo beni immobili, conti correnti, azioni, obbligazioni e persino beni di lusso. A differenza delle imposte sul reddito, non riguarda quanto si guadagna, ma quanto si possiede. Può assumere due forme principali: straordinaria, cioè applicata una tantum in situazioni eccezionali come guerre o crisi economiche, oppure periodica, riscossa con regolarità nel tempo.
Nel linguaggio fiscale, non si parla di tassa ma di imposta patrimoniale, poiché non viene corrisposta in cambio di un servizio diretto ma per contribuire alle spese generali dello Stato. Storicamente, l’Italia ne ha conosciute diverse. Dal 1919, con il governo Nitti, fino al famigerato prelievo del 6 per mille del 1992 imposto dal governo Amato, ogni patrimoniale è nata in un momento di emergenza finanziaria.
Oggi, l’idea di una nuova patrimoniale fa tremare i risparmiatori proprio per quel precedente storico. Tuttavia, gli economisti ricordano che un prelievo straordinario di piccola entità sui grandi patrimoni non avrebbe effetti devastanti, se accompagnato da regole chiare e da un uso trasparente delle risorse. Il nodo resta sempre politico e culturale: per molti italiani, il patrimonio è frutto di sacrifici già tassati, e colpirlo di nuovo appare ingiusto.
Le “patrimoniali nascoste” nel sistema fiscale italiano
Pur non esistendo una vera e propria patrimoniale generale, il fisco italiano ne applica già diverse versioni “mascherate”. Si tratta di imposte che colpiscono indirettamente il patrimonio e che garantiscono allo Stato entrate consistenti. Tra queste spiccano l’IMU sugli immobili, l’imposta di bollo su conti correnti e strumenti finanziari, la tassa di successione e donazione, e perfino il bollo auto, che di fatto tassa un bene di proprietà.
Uno studio della Cgia di Mestre ha stimato che nel 2017 queste imposte patrimoniali “diffuse” abbiano generato quasi 46 miliardi di euro. Un importo che dimostra come, in realtà, il sistema italiano sia già intriso di forme di tassazione patrimoniale, solo meno visibili.
Molti economisti sottolineano che, invece di introdurre una nuova imposta, lo Stato potrebbe semplificare o razionalizzare queste voci, rendendo più equa la pressione fiscale e riducendo l’impatto sulle famiglie con redditi medi. In questo senso, la vera riforma non sarebbe “una nuova patrimoniale”, ma una revisione complessiva della fiscalità patrimoniale già in vigore.
Patrimoniale nella Manovra 2026: ipotesi, scontro politico e prospettive future
Con l’avvicinarsi della Manovra 2026, il termine patrimoniale è tornato al centro dello scontro politico. La proposta del segretario della Cgil, Maurizio Landini, di introdurre un contributo dell’1% sui patrimoni superiori ai due milioni di euro ha acceso la polemica. La premier Giorgia Meloni ha respinto con decisione l’idea, dichiarando che “con la destra al governo, le patrimoniali non vedranno mai la luce”.
La sinistra, invece, insiste sul concetto di giustizia redistributiva, secondo cui chi possiede di più dovrebbe contribuire maggiormente nei momenti di difficoltà del Paese. Il centrodestra, al contrario, teme che una simile misura possa danneggiare la fiducia dei risparmiatori, frenare gli investimenti e penalizzare chi ha accumulato ricchezza attraverso il lavoro e il risparmio.
Al momento, nella bozza della Manovra 2026 non è presente alcuna patrimoniale esplicita, ma non mancano proposte di revisione delle imposte sul risparmio e sui grandi capitali. Il tema resta quindi sullo sfondo, pronto a riemergere ogni volta che le casse pubbliche chiedono ossigeno.