Ritirarsi prima dei 67 anni potrebbe rivelarsi rischioso per i lavoratori dipendenti.
Purtroppo da oggi per molti di loro andare in pensione prima dei 67 anni comporterà un assegno decisamente più leggero rispetto a quanto precedentemente pattuito.
Vediamo bene il perché, e cosa fare per evitare il peggio.
Per saperne di più in merito all'argomento, consigliamo di approfondire al meglio la questione con questo video YouTube, con ringraziamento al canale di Mr LUL lepaghediale.
Pensione, taglio in arrivo per chi vuole ritirarsi prima dei 67 anni
A causa delle nuove disposizioni in materia previdenziale, da oggi molti dipendenti pubblici rischiano di subire dei pesanti tagli all'assegno pensionistico.
E questo a causa delle nuove aliquote di rendimento, al centro del Messaggio INPS 2491/2025.
Per chi non lo sapesse, le aliquote di rendimento sono dei coefficienti che vengono utilizzati per determinare la quota retributiva della pensione calcolata con il sistema misto.
Questi coefficienti, validi per chi ha iniziato a lavorare prima del 1 gennaio 1996, sono stati modificati dalla Legge di Bilancio 2024.
E non in meglio: oggi le quote di pensione calcolate con questo sistema prevedono un?aliquota di rendimento pari al 2,5% per ogni anno di anzianità contributiva, contro il 2% originario.
Secondo quanto riportato dal Messaggero, proprio questa nuova aliquota, "in presenza di una ridotta anzianità contributiva accumulata con il sistema retributivo, risulta meno favorevole rispetto a quella in essere in precedenza e comporta perciò una pensione più bassa".
Va detto però che questa novità riguarda solo alcuni dipendenti, ossia i lavoratori iscritti alle Casse Previdenziali:
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CPDEL (Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali),
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CPS (Cassa Pensioni Sanitari),
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CPI (Cassa Pensioni Insegnanti di asilo e scuole elementari parificate),
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CPUG (Cassa Pensioni Ufficiali Giudiziari, aiutanti e coadiutori).
Pensione prima dei 67 anni, chi è escluso dal taglio in arrivo
Fortunatamente, come precisa l?INPS, gli iscritti alle suddette Casse non sono automaticamente penalizzati dalle nuove aliquote.
prevista infatti una deroga per i lavoratori che, dopo aver superato i 67 anni di età, decidono di dimettersi prima di compiere i 70 anni.
A sua volta, dato l'innalzamento del limite ordinamentale da 65 a 67 anni, la deroga "trova applicazione per le pensioni di vecchiaia liquidate a carico della Cpdel, della Cps della Cpi e della Cpug a seguito di risoluzione obbligatoria del rapporto di lavoro alle dipendenze di una pubblica Amministrazione", si legge nel Messaggio.
Di contro, la deroga non si applica "nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro per dimissioni intervenute a partire dall?anno 2025 in presenza di un?eta? anagrafica pari o superiore a 65 anni, ma inferiore a 67".

Pensione prima dei 67 anni, come evitare altri tagli
Al di là dei casi specifici, i dipendenti (pubblici o privati) che vogliono ritirarsi prima dei 67 anni rischiano comunque ulteriori penalizzazioni.
E non a causa delle aliquote di rendimento, ma dei coefficienti di trasformazione, che servono a convertire il montante contributivo in assegno previdenziale in base all?età di uscita. Il principio è chiaro: più si anticipa il pensionamento, più basso sarà il coefficiente.
Negli ultimi dieci anni, questi coefficienti sono costantemente diminuiti, il che ha reso sempre più penalizzante il pensionamento anticipato rispetto ai 67 anni.
Per evitare questo loro contraccolpo, è necessario aumentare il montante contributivo, ad esempio ricorrendo alla previdenza complementare.
Non a caso, il Governo sta lavorando proprio a una soluzione che permetta a chi voglia uscire a 64 anni di raggiungere i requisiti minimi (in particolare quelli relativi al limite minimo d?assegno) grazie al supporto della previdenza complementare.