Il Reddito di cura entra ufficialmente nel dibattito sulla Manovra economica e, fin da subito, si presenta come una proposta destinata a modificare in profondità il sostegno ai caregiver familiari. L’emendamento del Movimento 5 Stelle mira infatti a riconoscere un contributo mensile tra 400 e 600 euro a chi assiste, a domicilio e in modo continuativo, un congiunto affetto da disabilità gravissima.
La misura, peraltro, si colloca in un contesto in cui il welfare familiare italiano appare spesso insufficiente e, conseguentemente, incapace di rispondere alle esigenze crescenti delle famiglie. Proprio per questo, l’intervento delineerebbe un potenziale cambio di passo, introducendo un sostegno concreto in una delle aree più delicate dell’assistenza sociale nazionale.
Prima di approfondire il discorso sul funzionamento della misura, i requisiti, le coperture economiche e ricadute per famiglie e finanza pubblica, vi lasciamo al video YouTube de Il Sole24Ore sulle novità attese nella Legge di Bilancio 2026.
Reddito di cura 2026: come funziona la prestazione e a chi si rivolge
L’emendamento presentato dai senatori Mazzella, Guidolin, Castellone, Pirro e Damante prevede, innanzitutto, l’introduzione da parte dell’INPS di una nuova prestazione denominata Reddito di cura.
Il beneficio sarebbe rivolto ai familiari conviventi con una persona in condizione di disabilità gravissima che richieda assistenza continuativa e non professionale. In altre parole, la misura intende valorizzare il ruolo dei caregiver, figure che frequentemente si trovano costrette a ridurre o, in alcuni casi, interrompere l’attività lavorativa per garantire la cura del congiunto.
Il funzionamento del contributo si baserebbe su un’erogazione mensile, compresa tra 400 e 600 euro, determinata sulla base delle risorse annualmente stanziate dal ministero del Lavoro e dal ministero dell’Economia. Di conseguenza, l’importo definitivo dipenderebbe non solo dalla platea degli aventi diritto, ma anche dall’effettiva disponibilità finanziaria dell’anno di riferimento. L’obiettivo, comunque, è assicurare un sostegno economico stabile e non simbolico, in grado di integrare il reddito familiare e, contemporaneamente, di compensare parte dei costi dell’assistenza domestica.
Un aspetto particolarmente rilevante riguarda la neutralità fiscale della prestazione. Poiché il Reddito di cura non sarebbe imponibile e non inciderebbe sul calcolo dell’ISEE, il beneficiario potrebbe continuare ad accedere agli altri bonus assistenziali senza penalizzazioni. Ciò risponde alla volontà di creare una misura compatibile con il sistema esistente, evitando sovrapposizioni o effetti distorsivi. Inoltre, l’impostazione tecnica proposta dal M5S favorisce un supporto effettivo alle famiglie, preservando al tempo stesso il loro diritto a ulteriori agevolazioni.
Requisiti ISEE, tetto di spesa e ruolo dell’INPS: cosa prevede l’emendamento sul Reddito di cura
Per accedere al Reddito di cura 2026 sarebbe necessario possedere un ISEE non superiore a 30 mila euro. Questa soglia è stata scelta per concentrare le risorse sui nuclei familiari più vulnerabili e, allo stesso tempo, per evitare che il beneficio venga disperso su un bacino troppo ampio. La copertura economica prevista ammonta a 3 miliardi di euro all’anno, dimostrando chiaramente la volontà politica di riconoscere il valore del lavoro di cura familiare.
Il ruolo dell’INPS sarebbe centrale. L’Istituto, infatti, non solo provvederebbe all’erogazione della prestazione, ma monitorerebbe costantemente il rispetto del tetto di spesa e trasmetterebbe regolarmente i dati al ministero del Lavoro e a quello dell’Economia. In questo modo, si garantirebbe un controllo puntuale dell’utilizzo delle risorse pubbliche. Inoltre, in caso di richieste superiori alle disponibilità annuali, l’INPS dovrebbe applicare criteri di priorità basati sulle indicazioni ministeriali.
Dopo l’eventuale approvazione della norma all’interno della Legge di Bilancio, il ministero del Lavoro avrebbe 90 giorni per emanare un decreto attuativo. Tale decreto definirebbe nel dettaglio procedure di domanda, documenti richiesti, criteri di valutazione e modalità di gestione delle graduatorie. Di conseguenza, proprio la fase attuativa rappresenterebbe il passaggio più importante per rendere la misura realmente fruibile dalle famiglie.
L’emendamento evidenzia inoltre un principio di tutela significativo: il Reddito di cura non concorre alla formazione del reddito imponibile. Pertanto, chi lo percepisce non vedrebbe modificati i propri obblighi fiscali né rischierebbe di superare soglie che potrebbero incidere su altre prestazioni sociali. Ciò garantirebbe maggiore stabilità e sicurezza ai nuclei più fragili.
L’incidenza della misura sui caregiver
Secondo il senatore Orfeo Mazzella, primo firmatario dell’emendamento, il Reddito di cura rappresenterebbe una misura di civiltà. La sua proposta mette in luce l’importanza di riconoscere il valore del lavoro svolto quotidianamente dai familiari che assistono persone con disabilità gravissima, spesso senza tutele né adeguato supporto economico. Il richiamo politico è evidente, perché il tema dei caregiver è rimasto per anni bloccato tra annunci governativi e interventi mai completati.
L’impatto potenziale della misura sarebbe significativo sotto vari punti di vista. Sul piano sociale, il contributo alleggerirebbe i costi che pesano sulle famiglie, costrette a sostenere spese medicali, assistenza privata, ausili sanitari e rinunce lavorative. Sul piano giuridico, il riconoscimento di una prestazione economica dedicata aprirebbe la strada a future riflessioni su diritti previdenziali e tutele normative per i caregiver. Sul piano economico, infine, la dotazione annuale di 3 miliardi segnala un chiaro orientamento politico verso la valorizzazione del lavoro domestico di cura, finora sostenuto quasi esclusivamente dai privati.
Il dibattito parlamentare sulla misura potrebbe inoltre stimolare un confronto più ampio tra le forze politiche, favorendo un’evoluzione del sistema di welfare. Se approvato, il Reddito di cura si collocherebbe tra le iniziative più rilevanti della Manovra 2026, contribuendo a ridisegnare l’equilibrio tra assistenza familiare e politiche pubbliche.