Che spettacolo, eh? I Liberali di Carney che vincono in Canada, ma senza la maggioranza. L’ennesima vittoria a metà, da manuale del politico che si accontenta delle briciole e poi si vanta di aver mangiato un banchetto. Un’altra volta la sala dei bottoni resta aperta a tutti: entrate pure, fatevi un giro, ognuno tocchi quello che gli pare, tanto il governo deve mendicare favori e voti a ogni legge. Una roba da circo, dove il domatore non ha neanche la frusta.
Voi che magari vi illudete che la politica abbia ancora un senso compiuto, leggete bene: Carney, ex banchiere centrale, si prende la scena dopo due settimane da leader - manco il tempo di scegliere la cravatta - e già va al voto. Che tempismo, oh. Uno che si è fatto le ossa tra le banche centrali, tra poltrone e poltroncine, ora deve imparare a contare i voti degli altri, perché con i suoi non combina un cazzo.
Promesse? Ne volete una a caso? “Farò il duro con Trump!” Cioè, il Canada che si mette di traverso agli Stati Uniti… come uno starnuto che si oppone a un uragano. Ma Carney sa vendersi bene: cancella la carbon tax che Trudeau aveva piazzato tipo tassa sulla respirazione, promette di costruire case prefabbricate - che già me lo vedo l’operaio canadese a montare il villone col kit dell’Ikea - e intanto riduce l’immigrazione. Che genio: vuoi braccia in più per costruire, ma chiudi i porti in faccia agli operai stranieri. Brillante, come tirarsi una martellata sulle palle e aspettarsi di diventare padre.
La vittoria è “storica” dicono, dopo che quattro mesi fa erano dati per morti e sepolti. Sì, tipo quei film dove il morto esce dalla tomba, ma si dimentica una gamba. Perché la maggioranza non ce l’hanno, e già devono andare a elemosinare il voto al Bloc Quebecois, che come sempre pensa solo a farsi i cazzi propri in Quebec, e agli altri partiti che stanno lì come iene a fiutare il sangue.
Nel frattempo i Conservatori, guidati da Poilievre, fanno la parte dei rivali duri. Uno che urla forte che tutto è rotto, ‘Woke’ di qua, ‘bisogna cambiare’, ma il volto da simpaticone ce l’ha quanto un esattore delle tasse. Si fidano di lui ma non lo sopportano: la quintessenza del politico canadese, insomma. Serve uno che ti piace o uno che sai che ti frega in modo elegante? Scegliete voi, tanto la fregatura arriva comunque.
E intanto l’economia canadese va verso la recessione, le esportazioni vanno dritte dritte nelle tasche degli americani e, se Trump si sveglia male, mette i dazi pure sulle mutande di flanella. Ma Carney promette di ‘negoziare’ con gli Stati Uniti. Certo. Vai a trattare con chi ti tiene per le palle e vedi se ti ascolta. Le belle favole sulla nuova alleanza economica servono solo a farvi dormire meglio la notte.
E mentre Alberta minaccia crisi d’unità nazionale e il dollaro canadese fa su e giù come un adolescente in preda agli ormoni, ecco che i Liberali si gonfiano il petto: altro che cambiamento, qui è il solito palleggio di responsabilità, il teatrino del “io vorrei ma non posso”. Alla fine, quello che paga sono sempre i soliti fessi, cioè voi che magari pensate che cambiare il primo ministro cambi anche la vostra vita. Sì, come cambiare l’etichetta su una scatoletta di tonno scaduto.
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