La metà delle borse mondiali sono sui massimi storici. Wall Street, nonostante tutto, si colloca soltanto in 20esima posizione fra i primi 30 indici per valore di mercato. Spicca il decollo verticale di un colpevolmente trascurata Piazza Affari negli ultimi tre anni.
L’inflazione di settembre tardivamente resa nota venerdì, è musica per le orecchie degli investitori. Si conferma la risalita dei prezzi dei beni fisici, per effetto dell’aumento dei dazi doganali; ma di converso esercitano un effetto depressivo farmaci, canoni di locazione e prezzi delle auto usate. Alla fine si cementa ulteriormente – non che se ne fosse avvertito il bisogno – la prospettiva di nuovi tagli del costo del denaro in occasione del FOMC di questa settimana e di quello di dicembre, con una probabilità del 50% che il policy rate venga ulteriormente ridotto alla fine di gennaio.
Due note al margine. La prossima riunione della banca centrale americana non ha molto da raccontarci, se non le decisioni sulle sorti del QT, destinato a rapida conclusione. In secondo luogo, la Casa Bianca ha segnalato che ben difficilmente sarà reso noto come schedulato il CPI di ottobre, il che conferma la prospettiva di un persistente shutdown federale, almeno fino a metà novembre.
Gli scarafaggi paventati da Jamie Dimon sono essere sgradevoli, ma innocui. Lo S&P500 sale venerdì ad un nuovo massimo storico: è il 34esimo, quest’anno, con la metà delle borse più rappresentative al mondo in analoga posizione. Wall Street brillerà pure, con una performance di quasi il +15%, ma si colloca ad appena la 20esima posizione fra i primi trenta listini azionari per capitalizzazione, con il MSCI World ex USA a +24% nel 2025, e con Piazza Affari in vero e proprio boom (https://tinyurl.com/AGEit254).
Ci si aspetterebbe la fanfara, eppure venerdì sera il Fear&Greed di CNN segnava mestamente 33 punti: il complesso degli investitori è tuttora in modalità panico, con una illuminata minoranza di operatori, refrattaria ai condizionamenti esterni, che ha portato a casa in questi tre anni una straordinaria performance che potrà raccontare ai nipoti.
D’altro canto, con trimestrali che stanno asfaltando le precedenti attese degli analisti – questa volta significativamente non riviste al ribasso prima della earnings season – con un beat rate dell’87%, e con una crescita degli EPS ora a +9.2% rispetto ad un anno fa, è difficile stigmatizzare l’operato del mercato per la proposta di quotazioni più elevate, e ormai prossime ai target enunciati nel 2025 Yearly Outlook di AGE Italia. E nel frattempo monta la curiosità per le proiezioni e le strategie per il 2026...
Gaetano Evangelista - https://www.ageitalia.net