La discussione sul Fondo Pensione Figli sta attirando l’attenzione delle famiglie, soprattutto perché si tratta di un progetto pensato per avviare un percorso previdenziale fin dai primi mesi di vita.
Il sistema italiano, da anni alle prese con un’età media sempre più alta e con un numero ridotto di giovani iscritti alla previdenza complementare, sta cercando nuove strade per avvicinare le nuove generazioni alla cultura del risparmio di lungo periodo. Le due proposte oggi sul tavolo puntano proprio a questo obiettivo, pur con meccanismi diversi e costi differenti per lo Stato.
A questo punto nascono spontanee alcune domande. Cos’è davvero il Fondo Pensione Figli e come si attiva? Scopriamolo insieme.
Prima però vi lasciamo al video YouTube di Mr. RIP sul confronto tra Fondi Pensioni e piani di accumulo.
Fondo Pensione Figli: cos’è e quali obiettivi si pone
Il Fondo Pensione Figli nasce come strumento volontario gestito dall’Inps, pensato per incentivare famiglie e nonni ad aprire una posizione previdenziale ai neonati. L’idea alla base è semplice: iniziare ad accumulare risorse già nei primi anni consente di costruire un capitale più solido nel tempo e permette ai ragazzi, una volta raggiunta la maggiore età, di avere un sostegno economico utile per affrontare i primi traguardi della vita adulta.
Il progetto guarda a una fascia di popolazione che raramente si avvicina ai fondi pensione, perché la previdenza complementare viene spesso percepita come un tema lontano. Quando però la costruzione del capitale inizia prestissimo, la crescita nel corso degli anni può essere significativa. Ed è proprio su questa logica che il legislatore punta: rendere naturale l’idea che il risparmio di lungo periodo non sia una scelta dell’età adulta, ma qualcosa da avviare con continuità fin dalla nascita.
Il Fondo si presenta quindi come una sorta di erede moderno dei tradizionali libretti di risparmio destinati ai bambini, con la differenza che la finalità è previdenziale e non soltanto patrimoniale. La possibilità di usarlo anche per sostenere gli studi universitari o per investire in un progetto professionale amplia ulteriormente il raggio d’azione, rendendolo uno strumento più flessibile rispetto al passato.
Come funziona il Fondo gestito dall’Inps e quali contributi prevede
Nella proposta che ha riscosso maggiore attenzione, l’adesione al Fondo Pensione Figli è completamente volontaria e può essere effettuata dai genitori, dai nonni o da un familiare entro il terzo grado. La posizione va aperta nei primi tre mesi dalla nascita e richiede un versamento iniziale di 100 euro da parte della famiglia. L’Inps aggiunge un contributo di 50 euro, che si ritiene possa essere ripetuto annualmente, anche se il dettaglio dipenderà dal decreto attuativo del Ministero del Lavoro.
Una volta compiuti i diciotto anni, i giovani potranno accedere alle somme accumulate. L’importo potrà essere utilizzato per pagare le tasse universitarie, frequentare percorsi di specializzazione o avviare una piccola attività imprenditoriale. La scelta di destinare il capitale non solo alla pensione futura ma anche alla formazione professionale rappresenta uno dei punti più innovativi, perché introduce una funzione educativa oltre che previdenziale.
Il decreto dovrà chiarire anche la frequenza dei versamenti, la possibilità di contributi aggiuntivi e le eventuali forme di riscatto anticipato. Si tratta di aspetti fondamentali per capire quanto il Fondo potrà essere flessibile e attrattivo per le famiglie, che spesso valutano la previdenza complementare in base alla libertà di gestione nel lungo periodo.
Le novità attese, i costi per lo Stato e le proposte alternative in Parlamento
Il percorso legislativo non è ancora concluso e il Parlamento sta valutando un secondo modello, proposto da Azione. In questo caso il contributo statale sarebbe più consistente: 300 euro nel primo anno e 200 euro per i successivi, fino al compimento del quinto anno di età. Anche qui i genitori dovrebbero versare 100 euro, ma il costo complessivo per lo Stato sarebbe decisamente più alto, con una proiezione di 500 milioni per il primo anno e 250 milioni a regime.
Le due proposte si muovono nella stessa direzione, cioè incentivare la previdenza complementare in un Paese dove l’età media degli iscritti supera ormai i quarantasette anni. L’obiettivo dichiarato è raddoppiare il numero dei partecipanti nei prossimi sette anni, creando un approccio culturale nuovo e più stabile. La scelta definitiva dipenderà dal bilancio e dalla capacità del legislatore di individuare risorse adeguate senza penalizzare altri interventi in programma.
Il tema ora passa alle Camere, che dovranno stabilire quale modello adottare e come trasformare un’idea ambiziosa in uno strumento concreto e sostenibile per famiglie e giovani.