Regolamentare le stablecoin in America è come mettere il guinzaglio all’amico scemo che vuole attraversare la tangenziale bendato. Adesso il Senato americano - sì, quelli che si perdono nei corridoi del potere come voi quando cercate l’uscita dall’IKEA - ha buttato avanti una legge per mettere un po’ d’ordine in questo circo delle cripto. E tutto solo perché qualcuno ha paura che Trump e i suoi amichetti si facciano la piscina d’oro, mentre il resto del Paese guarda le monete digitali girare come palline da giocoliere.
Non pensate neanche per un secondo che i nostri paladini della democrazia si siano svegliati una mattina dicendo “Regoliamo le stablecoin per il bene del popolo!”. No, quelli hanno annusato i soldi, le poltrone, e magari pure due favori sottobanco. E sapete che c’è? Hanno ragione loro. Il mercato delle stablecoin in America è arrivato a 250 miliardi: fate due conti, sono più delle vostre scuse per non andare a lavorare di lunedì. “Uno pensa che i soldi veri siano nelle banche, ma oggi i soldi veri si fanno con i soldi finti”.
Trump, che fino a ieri delle cripto non ne capiva un cazzo (e probabilmente continua a non capirne), oggi predica una nuova età dell’oro digitale. Perché? Perché ha visto l’occasione di ficcarsi dentro anche lui e ingrassare il portafogli, alla faccia di chi ancora pensa che i soldi si facciano lavorando. E ci riesce pure: la sua meme coin ha già portato a casa 320 milioni di commissioni - altro che gratta e vinci del tabaccaio. E se avete ancora dei dubbi, guardate chi ha sganciato i soldi per le elezioni: la cripto ormai si compra pure i voti, non solo le Lamborghini di provincia.
I democratici, che dovrebbero fare opposizione, invece litigano tra loro come comari al mercato. Prima bloccano la legge, poi ci ripensano perché i repubblicani hanno promesso di stringere le chiappe ai player stranieri e di non far entrare i big tech (Meta, Google e compagnia bella) a giocare con la loro moneta. “Ci mancava solo Zuckerberg che fa la sua stablecoin e vi chiede di verificare la vostra identità con una foto del culo”.
La Warren piange e strepita che la legge non basta, che Trump ci si fa la villa a Miami. E sapete una cosa? Ha ragione anche lei, ma chi se la caga? L’importante, per tutti, è poter dire che stanno “difendendo il consumatore”. Come no. “Difendono il consumatore come il lupo veglia sull’agnello: con la bava alla bocca”.
Intanto, se vi state chiedendo cosa sia una stablecoin, sappiate solo che sono monete digitali che dovrebbero valere quanto un dollaro vero. Dico dovrebbero, perché qui tra algoritmi, riserve e promesse, ci credono solo quelli che pensano ancora che le cripto siano la via del riscatto sociale. Servono per non farsi triturare dalla volatilità delle cripto classiche: “È come scegliere di ubriacarsi con la birra invece che con la grappa: ti sembra più sicuro, ma alla fine ti ritrovi a pisciare comunque controvento”.
Il vero punto è che la regolamentazione è tardiva, maldestra e parziale. Ma almeno, in America, si accorgono che il mondo va avanti. Qui, da noi, stiamo ancora a discutere se il bitcoin sia una truffa o la salvezza. Ridicoli.
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