Siete ancora qui a sperare che tra Stati Uniti e India si risolva tutto con una pacca sulle spalle e due sorrisi in mondovisione? Illusi. La politica internazionale non è una commedia romantica, ma una lotta tra ego ipertrofici, interessi economici e timori nucleari, dove ogni telefonata mancata vale più di qualsiasi dichiarazione d’amicizia. Modi e Trump: due galli nello stesso pollaio, ma con piumaggi diversi. Uno ama farsi vedere come il salvatore della patria, l’altro come il vendicatore del libero scambio. E il risultato? Un pollaio in fiamme, con tutti a rincorrere le proprie penne bruciate.
Avete visto le foto di Modi e Trump che si abbracciano, felici come bambini al luna park? Peccato che dietro quei sorrisi ci sia più diffidenza che in una riunione condominiale. Basta un tweet di troppo o una tariffa più salata per trasformare “l’amicizia indistruttibile” in una gara di dispetti da scuola media. Modi ha capito subito che con Trump non si tratta, si subisce. E la foto degli indiani ammanettati e rispediti come pacchi indesiderati dagli USA? Altro che amicizia: qui si gioca a chi umilia di più l’altro davanti alle telecamere.
Poi c’è la questione Kashmir, sempre pronta a riesplodere come una pentola a pressione lasciata sul fuoco da decenni. Guarda caso, appena le bombe ricominciano a cadere, Trump si autoproclama mediatore universale, Nobel già lucidato sulla mensola. L’India? Infuriata: la “questione bilaterale” ormai è diventata una soap opera internazionale con Trump nel ruolo dell’intruso che vuole riscrivere il copione. E voi pensavate che bastasse una telefonata per calmare gli animi? Sì, come no: proprio come il vostro vicino che spegne la musica alle tre di notte dopo una vostra supplica gentile.
Il capolavoro arriva quando Trump, non contento di prendersi tutti i meriti, pretende anche la nomination al Nobel da Modi, come fosse la mancia dopo il caffè. Modi, che già viene chiamato “Narender Surrender” dai suoi nemici, dovrebbe secondo voi inginocchiarsi davanti a Washington? Eh sì, perché far vedere i muscoli è obbligatorio, anche quando sotto la camicia tremano i polsi. E mentre la diplomazia indiana si arrampica sugli specchi, Trump alza i dazi al 50%, così, per ricordare chi comanda davvero.
Qualcuno si illude che la soluzione sia dietro l’angolo: magari con la Cina che danza insieme all’India, o la Russia che presta una limousine per le chiacchiere tra leader. Peccato che nessuno si fidi di nessuno e tutti abbiano le mani impegnate a contare i propri problemi. L’Europa? Un pubblico distratto, preferisce indignarsi per altre cause la mattina e dimenticarsene il pomeriggio. E il Giappone? Conta come il due di coppe a briscola, ma fa sempre scena dirsi amici.
Morale? I rapporti internazionali sono una gigantesca partita di Risiko dove ognuno bara come può, e chi perde è sempre quello che non ha capito le regole. Continuate pure a credere nelle “amicizie strategiche”: la realtà è che l’unica strategia vincente è quella di chi riesce a fregare l’altro senza farsi scoprire.
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