Avete mai sentito parlare della coerenza politica? No, perché non esiste. E non c’è bisogno di scomodare filosofi: basta guardare cosa succede quando si parla di energia e lavoro. Un parco eolico che dovrebbe essere il fiore all’occhiello della transizione energetica viene fermato sull’ottanta per cento della linea del traguardo. Ottanta per cento, capite? Roba che uno studente con questa percentuale prende la sufficienza e passa classe, ma qui invece si tira il freno a mano e, con la delicatezza di un elefante ubriaco, si mandano a casa migliaia di persone.
Tutto in nome di una sicurezza nazionale non meglio specificata. Che poi, se qualcuno avesse il coraggio di tradurre “sicurezza nazionale”, scoprireste che può voler dire tutto e niente, come “c’è troppo vento oggi, cambiamo programma”.
Certo, la narrativa ufficiale è sempre commovente: “Lavoriamo per il Paese”, “Difendiamo gli interessi nazionali”, “Non abbasseremo la testa di fronte alle pressioni”. Peccato che, nel frattempo, operai, tecnici, carpentieri, tute blu e fornitori si ritrovino tutti a guardare il cantiere come un bambino davanti alla vetrina della pasticceria: “Era quasi pronto, e ora?” E non si può nemmeno prendersela con la solita burocrazia, perché qui la decisione arriva dall’alto, e se la chiamano “decisione politica” c’è una ragione: nessuno la capisce, ma tutti la pagano.
Sì, perché dietro ogni mulino a vento c’è una catena di lavoro che parte da chi costruisce le pale, passa per chi le trasporta, arriva a chi le installa e si allarga a chi ci fa manutenzione. E quando si ferma tutto, il domino delle buste paga svanite non lo ferma più nessuno. Certo, qualcuno dirà: “Ma tanto sono lavori verdi, li rifaremo altrove”. Come no, la stessa storia dei “posti di lavoro sostituiti”, un concetto così teorico che nemmeno i professori universitari ci credono davvero.
Intanto i prezzi dell’energia, già tra i più alti del Paese, ringraziano: niente nuova produzione, niente calo delle bollette, anzi. Volete scommettere che ci sarà qualcuno che si stupirà quando leggerà la prossima bolletta? Per alcuni politici, la matematica è un’opinione: meno offerta, stessi consumi, e la magia si compie. I cittadini? Quelli sono i famosi “stakeholder”: utili da nominare nei discorsi, irrilevanti quando si decide davvero.
E adesso, mentre le aziende contano i danni e i sindacati urlano al tradimento, qualcuno invoca il dialogo, il compromesso, le trattative. Da manuale del piccolo illusionista: ci fermiamo a un passo dal traguardo, poi facciamo finta di negoziare per tornare indietro sui nostri passi. Magari chiedendo anche un applauso per la “grande attenzione alle esigenze del territorio”. Intanto, centinaia di famiglie devono inventarsi come arrivare a fine mese, ma volete mettere la soddisfazione di aver difeso “l’interesse nazionale”?
E non sprecate tempo a cercare spiegazioni tecniche o documenti riservati: la verità è che, quando la politica si mette a giocare con l’economia reale, la logica resta fuori dalla porta. Così, mentre tutti parlano di futuro, transizione, lavoro green, sostenibilità e altre paroline da convegno, i fatti sono che i cantieri chiudono, i soldi evaporano e la fiducia della gente va a farsi benedire. Ma con stile, eh: perché anche la disfatta, se la racconti bene, sembra una grande vittoria.
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